.

Abodi: "Per riprendere la Juventus serve un progetto sul lungo periodo"

di Gabriele Chiocchio
Fonte: TeleRadioStereo

Il dirigente sportivo Andrea Abodi, ex presidente della Lega B, è intervenuto ai microfoni di TeleRadioStereo.

Lei è anche giornalista…
"Sì, mi sono iscritto all’Albo nel 1987".

È una iattura o una fortuna essere un dirigente sportivo?
"È una cosa meravigliosa. Bisogna rimanere con i piedi per terra, non perdere il senso del proprio nome rispetto alla carica. Se tutto rimane, probabilmente, il lavoro viene svolto con un altro spirito".

È favorevole agli oriundi in Nazionale?
"Noi dobbiamo riprendere il gusto e l’orgoglio di elaborare un progetto italiano. Riprendere un modello italiano e riattivare la scuola. Andiamo in giro cercando dei modelli in Europa, ma abbiamo perso un po’ la nostra tradizione. Dal punto di vista sportivo credo che la scuola italiana possa esprimere ancora tanti talenti. Siamo nel 2017 e ritengo che il concetto di italianità possa aprirsi a qualcosa che matura e si sviluppa in Italia. Il concetto riguarda lo ius soli, io non sono integralista. La Germania non è un esempio, ma si è appoggiata ad altre nazioni, che hanno vestito la maglia con dignità. A me interessa che chi indossa la maglia dell’Italia senta il paese suo ed abbia un sentimento".

Come si fa ad accettare che un allenatore di un’altra nazione sia seduto su una panchina di una nazione diversa…
"Per me non è inconcepibile. Trasferisce orgoglio alla natura della nostra squadra. Noi siamo l’esempio in questo senso, c’è l’Albania, Malta, Cina. Da questo punto di vista non sono contrario, ma è la certificazione di una scuola, che in Italia abbiamo perso, ma che all’estero rimane".

Campionato di Serie A troppo squilibrato?
"Probabilmente si è allargata la forbice tra il vertice ed il fondo della classifica e non rende giustizia alla qualità della competizione. Da tifoso, vedo ancora partite di grande fascino e intensità. C’è un recupero nell’ultimo periodo e sono convinto che con gli investimenti internazionali cresca ancora. La distanza che c’è tra la prima e l’ultima sarà condizionato dalla crescita delle grandi. Inciderà determinando il campionato, che già a metà del suo percorso esprime sentenze importanti. Una Lega deve mettere in condizione tutte e venti le compagini di competere. Lo ha dimostrato la Spagna che è un modello, con tante squadre che tentano di superare Real Madrid e Barcellona".

Quattro squadre in Champions…
"Sono risorse che entrano nel circuito e vanno investite in modo eccellente, nei settori giovanili e nelle infrastrutture, perché si cresce anche migliorando cose diverse dal campi di gioco".

Lei vuole imitare Tavecchio?
"(Ride, ndr). C’è sempre qualcosa di positivo nelle persone. È una risposta che do con imbarazzo, perché ponendomi come alternativa ritenevo necessario un cambio, ma bisogna accettare le decisioni. C’è dispiacere per l’impossibilità di costruire una Federazione diversa da quella attuale".

Più possibilità con una campagna più lunga?
Si, sono d’accordo. È figlia di una volontà concretizzata nell’ultimo periodo. Per cambiare le cose bisogna salire di livello. Sono contento che sia riconosciuta una crescita della Lega B, ma è una piccola realtà che sta in mezzo. L’ultimo livello del professionismo è in difficoltà. Per crescere bisogna ammettere i propri errori, è troppo facile ricordare quelli degli altri.

Il campionato di B è molto elettrizzante, più di quello di Serie A…
"Ho trovato il calendario fatto durante la separazione dalla A. Quello che fa della Serie B un bel campionato è che è vivo, ha identità. Abbiamo modificato la formula: scalare la posizione dei play off determina dei vantaggi. C’è, al di là dei valori tecnici, c’è interesse in ogni giornata. Vogliamo essere più di un campionato di calcio, vogliamo migliorarci. Tutte queste cose insieme la gente le ha comprese e le ha apprezzate".

Qualche persona che le è antipatica nel calcio?
"No, antipatica no. A volte sono più i comportamenti, come quelli che considerano il calcio proprietario. Il calcio è fatto di partecipazione pubblica. La visione padronale del calcio è lontana. Non si improvvisa nulla, possono succedere delle cose in modo quasi magico. Come quella del Leicester. Dura poco, ma su quel miracolo si può costruire una base di crescita. Non bisogna crogiolarsi sul miracolo, ma vale anche nella vita, non solo nel calcio".

Perché non si è riusciti a fare la riforma delle seconde squadre?
"Non ci siamo mai messi intorno ad un tavolo per ragionare su questo progetto. Quando si deve riformare un sistema, ragionare su un solo elemento è un errore. Ci sono pregi e difetti. Bisogna trovare degli ammortizzatori, degli equilibri. Viviamo di fiammate e di innamoramenti: la riforma è una, la riforma dei campionati è un’altra. Se ci mettessimo insieme, contribuendo tutti, riusciremmo a rendere. La sinfonia è un’altra cosa".

Aiuterebbe un campionato a 18 squadre?
"Se negli altri paesi funzionano anche con un campionato diverso. In Inghilterra c’è un rapporto diverso, prima di arrivare al numero di squadre vanno fatti altri ragionamenti".

Cosa manca alle big per recuperare dalla Juventus?
"Un progetto su lungo periodo, sul lungo periodo. I progetti di lunghi periodi consentono alla società di non dovere reinventare le squadre ma di tenere i pezzi migliori".

Crede che il VAR rallenterà una partita o sarà positivo?
"Mi auguro che possa andare a buon fine, gli arbitri hanno bisogno di essere aiutati. È il futuro sostenibile perché il calcio non deve diventare una PlayStation, l’arbitro ha bisogno della tecnologia. Abbasserà i livelli di tensione. Vedo solo cose positive. Il prezzo dell’eventuale rallentamento è giusto pagarlo perché il prodotto finale sarà migliore".

Se la Nazionale non si qualificasse lei sarebbe Presidente?
"No. Tengo moltissimo alla Nazionale, sono convinto che ci qualificheremo e mai auspicare le disgrazie altrui perché sarebbero anche le nostre".


Altre notizie
PUBBLICITÀ