Adani: "Vedo una Roma pronta, può ambire a vincere l'Europa League"
Daniele Adani, ex difensore della Fiorentina e oggi commentatore tecnico per Sky Sport, è stato intervistato dall'AS Roma Match Program:
Firenze, il giglio, la Fiorentina, dal 1999 al 2002. Cosa resta di quei tre anni?
“Tantissimo. Fu il mio approdo in una grande squadra, a 25 anni, venendo dal Brescia. È stata un’esperienza che mi ha segnato come calciatore e come uomo. Dopo un mese debuttavo in Champions League segnando un gol (nel preliminare contro il Widzew Lodz, ndr). Ero in una squadra fortissima, di talento e personalità. Col tempo diventai titolare, dopo circa tre mesi. Ed era un periodo d’oro per la Serie A. Era il momento delle così definite Sette sorelle”.
E tra queste sette c’era la Fiorentina.
“C’era Gabriel Omar Batistuta, c’erano Predrag Mijatovic, Manuel Rui Costa, Angelo Di Livio, Jorg Heinrich che aveva vinto Champions e Intercontinentale con il Borussia Dortmund. C’era soprattutto Giovanni Trapattoni in panchina”.
Uno dei suoi mentori, Trapattoni. La portò anche in Nazionale negli anni successivi.
“Beh, Giovanni Trapattoni non è che stato tanto importante per il sottoscritto. È stato uno degli allenatori più importanti nella storia del calcio italiano. Tecnico incredibile, molto più evoluto di quello che si voleva far credere. Schierava spesso tanti uomini offensivi, dando equilibrio e vittorie alle sue formazioni. Era un gioco basato più sulla determinazione e l’applicazione dei singoli, più che di trame tattiche e strategie, ma sapeva fare calcio. E le squadre spesso segnavano molti gol”.
A proposito di gol, ha già menzionato Batistuta.
“Batistuta aveva un carisma naturale, molto interiore e poco visibile. Ma quello che aveva dentro lo sprigionava tutto sul terreno di gioco. Potenza pura. In alcuni momenti trascinava letteralmente i compagni con le giocate e segnando gol”.
Dal colore viola all’azzurro dell’Italia?
“Arrivò la prima convocazione nel 2000 con Dino Zoff alla guida, poi mi chiamò Trapattoni. Giocare in Nazionale non è una cosa comune per un calciatore. È uno dei sogni che qualunque ragazzo cerca di raggiungere e io ci sono riuscito. Senza contare che l’Italia è una delle rappresentative tra le più prestigiose nella storia del calcio, tuttora. Anche oggi, nonostante non abbiamo partecipato agli ultimi mondiali. È inutile dire che nomi c’erano in quella squadra. Quali campioni la componevano…”.
In una delle tante dirette Instagram con Christian Vieri, fatte durante il lockdown, ha raccontato della soggezione che le metteva giocare accanto a Paolo Maldini.
“Era il mio idolo, è sempre stato tra i massimi riferimenti calcistici della mia vita. Soprattutto per un difensore come me. Giocarci in Nazionale è stato un sogno ad occhi aperti. Ad un certo punto della partita, vedendomelo vicino, quasi speravo che finisse presto la partita… Mi faceva veramente una strana sensazione”.
Arrivando all’attualità, durante la telecronaca a Sky di Roma-Inter ha avuto modo di elogiare il calcio della Roma, propositivo ed equilibrato con la difesa a tre.
“Non è tanto il sistema di gioco a dare equilibrio. È l’interpretazione dei singoli. Quanto credono a quello che fanno gli uomini in campo. Faccio riferimento a scaglionamenti in campo dei giocatori, sincronismi, trovarsi insieme. Questo non dipende da un modulo, ma dall’atteggiamento. La Roma sembra solida, equilibrata in difesa, dà ampiezza alla manovra offensiva con i quinti e un gioco tra le linee esaltato da gente come Mkhitaryan e Pellegrini”.
C’è l’impronta del tecnico, insomma.
“Assolutamente. Il calcio della Roma rispetta le idee dell’allenatore, che cerca il dominio, il palleggio, l’accompagnamento con tanti uomini. Poi, se mi domandate se la Roma avrebbe potuto fare di più in questo campionato, rispondo di sì. Soprattutto nei primi mesi del 2020 in cui ha perso troppe gare per sperare di ambire alla zona Champions. In ogni caso, questa esperienza sarà un tesoro utile per il futuro”.
Fonseca ha dichiarato di sentirsi migliorato dall’esperienza in Italia.
“Per me non doveva migliorare lui, ma doveva essere affinata la comprensione degli altri su di lui. Lui era bravo prima ed è bravo ancora oggi. Necessitava di un’interpretazione pratica alla strategia teorica. L’ha trovata, pare, e ora la squadra va molto meglio”.
Può ambire a vincere l’Europa League?
“Molto passa da Roma-Siviglia, che potrebbe essere una finale anticipata. Oggi vedo una squadra pronta. Zaniolo è recuperato, Dzeko è sempre Dzeko. La Roma è forte. Se dà continuità ai risultati in questo finale di stagione, può davvero ambire”.
Sempre durante Roma-Inter ha detto a proposito di Ibanez: “Non è inferiore a tutti i suoi colleghi di reparto”. Reparto in cui sono presenti due giocatori – tra i tanti – come Smalling e Mancini. Non proprio gli ultimi.
“Mi riferisco alle qualità, non alla somma delle performance. Ibanez è all’inizio di un percorso. Ha poche partite, ma il calcio che ci ha fatto vedere è un calcio completo. Lettura, piede, costruzione, piede, marcatura in area, personalità. Quello che serve a un difensore centrale da squadra importante come la Roma”.
Sembra imminente lo scudetto della Juventus di Sarri, nonostante il ko a Udine. Cosa ha portato il tecnico ai bianconeri?
“Ha cambiato lo stile alla Juventus. Ha portato un nuovo modo di fare calcio. E sta per vincere un campionato. Poi, dico, basterà per la Champions? No. Anche perché c’è da battere il Lione a determinate condizioni (1-0 per i francesi all’andata, ndr). Basterà per completare il suo lavoro? No. La squadra ancora non è completa, non è spesso sicura e solida, vedi la rimonta subita con l’Udinese, ma può migliorare. Può conquistare il titolo con tre giornate di anticipo. In Italia la Juventus è ancora nettamente la migliore”.
Curiosità in finale, come nasce l’idea della hit “Una vita da bomber” con Vieri e Nicola Ventola?
“Tutti la ballano, tutti la cantano, tanti condividono il video sui social. Hanno capito il significato di questa canzone. Nulla di impegnativo. In queste note ci sono calcio, amicizia, sorrisi dopo un periodo difficile. C’è l’estate, c’è soprattutto la voglia di coinvolgere il pubblico che ci ha seguito durante la pandemia nelle nostre dirette Instagram. È stato anche un modo per ringraziarli. Perché, lo dico spesso, i tifosi che vedono e vivono calcio da casa non sono sprovveduti. Anzi. Spesso stanno anche molto avanti rispetto agli stessi protagonisti del football”.