Attenzione alla difesa a zona in situazioni di palla inattiva, curiosità sulla tesi di fine corso di Andreazzoli
Fonte: asroma.it
Un articolo pubblicato sul sito istituzionale dell'As Roma, svela qualche curiosità sugli studi effettuati dal mister giallorosso e, in particolare, sulla tesi di laurea realizzata a fine del Corso Master 1998-99 per l’abilitazione ad allenatore professionista di Prima Categoria, pubblicata nel 2000 dal Notiziario del Settore Tecnico della FIGC.
«Ventotto pagine per spiegare “la difesa a zona nelle situazioni di palla inattiva”. Un vero e proprio vademecum su come comportarsi in occasione dei calci da fermo, a firma Aurelio Andreazzoli. È la tesi del tecnico giallorosso di fine studio del Corso Master 1998-99 per l’abilitazione ad allenatore professionista di Prima Categoria, pubblicata nel 2000 dal Notiziario del Settore Tecnico della FIGC. Uno studio minuzioso, partendo dalla dimostrazione iniziale di esempi tratti da alcune partite dei mondiali dal '74 al '98.
DIFENDERSI A ZONA Sfogliando le pagine, tra grafici di schemi e dimostrazioni, si scopre l'idea di Andreazzoli sui calci piazzati: difendere a zona. Vediamo perché: “Una palla inattiva – si legge – ha due possibilità per entrare in rete dopo essere stata calciata: la prima direttamente senza che nessuno possa intervenire o abbia la possibilità di farlo, la seconda dopo che, durante la sua traiettoria, qualcuno le imponga una deviazione. Ma in ogni caso il pallone (che è uno solo) nella traiettoria che disegnerà dal suo punto di partenza rispetto alla porta dovrà attraversare uno spazio. Tutto questo indipendentemente dal numero e dal comportamento degli avversari che non sono da sottovalutare, ma che non sono da porre neppure come primo problema da risolvere”. Ma, parole sue, non è facile trasmettere questi concetti a una rosa di calciatori. Bisogna convincerli ad abbandonare la più semplice e meno complicata marcatura a uomo: “Per cercare di ottenere consenso – spiega il mister – occorre rifarci al principio della consapevolezza attraverso il quale si rende cosciente il gruppo dei fini che si vogliono conseguire. È alla lavagna, in ambiente favorevole alla concentrazione, che si comincia ad evidenziare i principi verso i quali l’allenatore orienta le scelte, motivandoli, criticando gli aspetti negativi che li rendono inefficaci, puntualizzando quelli che li esaltano e, infine, chiedendo fiducia e tempo. Fiducia che si basa sulle esperienze vissute e tempo per verificare che i risultati derivanti dalle metodiche di allenamento prima e dalle gare poi dimostrino la loro bontà”.
11 UOMINI Per far sì che si corrano meno rischi è opportuno avere quanti più giocatori coinvolti nella fase di difesa: “Dal momento che parlo di spazi e di traiettorie, viene naturale pensare che, per meglio occuparli e meglio intercettare la palla, ci sia bisogno del maggior numero possibile di uomini. (…) Una delle obiezioni potrebbe essere che questa partecipazione totale risulti un invito per gli avversari che faranno così partecipare un maggior numero di giocatori alla ricerca della palla traendone vantaggio. Io penso invece che questa ulteriore partecipazione possa risultare sfavorevole a chi esegue la battuta perché lo porrebbe nella condizione di aggravare il proprio già precario equilibrio difensivo se, successivamente alla perdita del possesso, dovesse subire un attacco a spazi necessariamente mal presidiati”. Agire di squadra, inoltre, aiuta anche il singolo elemento: “Saper di avere una risposta a tutte le situazioni che si possono verificare – ancora Andreazzoli – di avere la certezza che anche carenze individuali possono rendere alla causa comune se ben utilizzate, che agire come unico blocco aumenta le possibilità di successo, portano come risultato alla riduzione di quegli stati d’animo negativi che penalizzano l’autostima e la concentrazione necessarie a svolgere bene i compiti assegnati”.
PRINCIPI Quattro regole guida da seguire sempre e tenere a mente: “Uno: tutti, partendo dalla propria posizione, si concentrano sulla ricerca della palla con movimento in avanti e in diagonale, senza indietreggiare ad esclusione (...). Due: ci si muove dopo che la palla è partita. Rispetto delle posizioni di partenza e dei compiti assegnati. Tre: occorre evitare l’anticipo che risulta il “pericolo numero uno”, con un attento lavoro sui tempi di gioco. Quattro: mai si è fuori dal gioco e dai compiti assegnati fin quando il possesso non è riconquistato oppure la palla non è allontanata”.
CONCLUSIONI Al termine del documento, dopo aver dimostrato alcune esercitazioni utili su corner, punizioni e rigori, Andreazzoli – per suffragare la sua tesi – cita la sua esperienza di tecnico, riportando il numero di partite disputate e i gol subiti nelle situazioni di gioco da fermo: “347 gare giocate, 8 reti incassate”. Numeri alla mano, la cura Aurelio funziona».