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Canovi: "Seguo Schick dal 2014, non ha nulla da invidiare a Mbappé e Dembélé. Monchi non è una scoperta, abbiamo già lavorato insieme"

di Danilo Magnani
Fonte: AS Roma Match Program

L'agente Dario Canovi, che nella scorsa estate propose Patrik Schick alla Roma prima di finire alla Sampdoria, ha rilasciato una lunga intervista sulle pagine dell'AS Roma Match Program, iniziando proprio dall'attaccante ceco: “Mi fa molto piacere per Patrik, ma in questo ultimo affare non sono entrato direttamente io”.

Poteva entrarci lo scorso anno, quando propose l’attaccante all’ex DS Walter Sabatini.
“Vero, si poteva prendere dallo Sparta Praga per una cifra intorno ai quattro milioni di euro, più qualche bonus e una percentuale sulla futura rivendita”.

Invece?
“In quel momento, per varie ragioni di mercato, l’affare non si riuscì a realizzare. Il giocatore interessava eccome alla dirigenza, ma poi la Sampdoria si intromise e portò a compimento l’affare in poco tempo. Io non c’entrai nulla in quel trasferimento con la Samp, avevo il mandato a chiudere solo per la Roma”.

Da quanto lo seguiva?
“Fu mio figlio Simone, oggi collaboratore dell’area tecnica della Roma, a segnalarmi questo ragazzo. Lo notò in un Germania-Repubblica Ceca under 19 nel 2014. Allora presi contatto con uno dei suoi agenti, Paska, per ottenere una delega a vendere Patrik l’anno successivo in Italia”.

La prima volta che lo ha visto giocare, quale dote l’ha colpita più di altre?
“Schick ha una qualità tecnica sopra la media, soprattutto considerando la stazza e la fisicità. Ha mezzi tecnici davvero importanti, calcia bene con entrambi i piedi. Sono doti che ho visto in pochissimi calciatori alla sua età. E poi, può agire su tutto il fronte offensivo con grande profitto. Non a caso, le sue migliori giocate lo scorso anno le ha fatte partendo da destra”.

Lo hanno paragonato – per caratteristiche – a Ibrahimovic.
“Io dico che per movenze ricorda molto di più Van Basten. Non sto dicendo che Schick vale l’olandese, però vedendolo agire in campo è quello che lo ricorda di più”.

Si è appena chiuso il mercato delle spese folli. Neymar e Mbappé al PSG per circa 400 milioni di euro complessivi, Dembélé dal Borussia Dortmund al Barcellona per 150 milioni.
“Prezzi altissimi, che francamente non capisco. La Roma ha preso Schick per circa 40 milioni di euro e a mio avviso Patrik non ha nulla da invidiare a gente come Mbappé e Dembélé. Per me è sullo stesso piano di questi due. Ho visto i palleggi di Démbelé al Camp Nou, beh diciamo che non ha fatto una gran figura…”.

Da operatore di mercato: una sua impressione sul nuovo direttore sportivo giallorosso, Monchi?
“Per me non è una scoperta, lo avevo già conosciuto in passato nell’ambito di alcuni affari. Nel 2004 portai a Siviglia il terzino brasiliano Adriano, che poi sarebbe andato al Barcellona anni dopo. Inoltre, ci occupammo del trasferimento di Maresca sempre al Siviglia. È un ottimo professionista, uno dei migliori in circolazione. La Roma ha fatto un ottimo acquisto portandolo nel proprio staff”.

Adriano nel 2004 fu trattato anche dalla Roma, giusto?
“Non solo trattato, praticamente preso. Ma poi tutto sfumò per una questione di fidejussioni bancarie e il giocatore andò al Siviglia. Adriano era un pallino di Franco Baldini”.

Sabato sera Sampdoria-Roma. Che partita immagina?
“I giallorossi vorranno senza dubbio fare risultato. Ho visto la partita con l’Inter e non meritavano quella sconfitta, arrivata dopo una partita praticamente dominata. Sarà dura, però, vincere. Il Ferraris è un ambiente particolare, ci ho visto tante partite in passato”.

Beh, nella sua scuderia risultavano tanti nomi della Sampdoria dello scudetto del ‘91.
“All’epoca avevo la procura di Dossena, Pellegrini, Invernizzi e Cerezo. D’altronde, non poteva che essere così. Con Mantovani avevo un ottimo rapporto di collaborazione, un signore di altri tempi. Ricordo ancora l’episodio quando portai Cerezo alla Samp…”.

Racconti pure.
“Era il 1986, Toninho aveva appena concluso la stagione con la Roma segnando in finale di Coppa Italia proprio alla Sampdoria. Un gol storico, che realizzò subentrando nel secondo tempo a cinque minuti dalla fine al posto di Tovalieri. Fu particolare perché non era un momento facile per Cerezo, quello. Un paio di mesi prima era saltato il suo passaggio già praticamente definito al Milan. Liedholm, allora sulla panchina rossonera, non volle rinunciare ai due inglesi in rosa, Wilkins e Hateley. All’epoca funzionava in questo modo, non si potevano avere più di due stranieri in una squadra. Così comunicò a Galliani di far annullare l’operazione Cerezo con la Roma. Ma non solo questo, Toninho fu anche rispedito a casa dal CT del Brasile Telè Santana, che gli preferì Falcao e Socrates e non gli fece giocare il Mondiale in Messico. Dopo tutti questi accadimenti, Cerezo tornò a Roma per recuperare da un infortunio e per mettersi a disposizione di Liedholm per la finale di Coppa Italia già menzionata. Dopo il gol segnato di testa e la coppa alzata al cielo, andò negli spogliatoi e mi telefonò urlando: «Dario, Dio esiste»”.

Pochi giorni dopo andò alla Sampdoria.
“Esattamente. E qui veniamo all’episodio con Mantovani a cui facevo riferimento in precedenza. Il presidente ci ospitò a casa sua per chiudere la trattativa. Ad attenderci c’era tutta la famiglia Mantovani, i figli in particolare stravedevano per Toninho. L’accordo era praticamente fatto, mancava solo la firma del giocatore per il suo contratto. La nostra richiesta era che la Samp pareggiasse l’ingaggio che ci avrebbe garantito il Milan. Mantovani declinò, rispondendo che non poteva arrivare a quella cifra, offrendo qualche milioni in meno. Cerezo in un primo momento rifiutò perché per lui erano soldi importanti, ma poi disse a Mantovani: «Presidente, prima di prendere una decisione definitiva, devo telefonare a mia moglie». Si appartò in un’altra stanza per fare questa chiamata e per qualche minuto sentimmo il suo vociare in brasiliano…”.

E come andò a finire?
“Come attaccò la cornetta, Cerezo andò da Mantovani e gli disse: «Mio presidente…», facendogli capire che aveva cambiato idea e che era pronto a firmare. Si concluse tutto tra baci e abbracci. Quando andammo via dalla villa, mi rivolsi a Toninho dicendogli: «Per fortuna che hai sentito Rosa, che ti spinto ad accettare l’offerta. In effetti la proposta era molto buona anche se inferiore a quell’altra». E lui: «Guarda, Dario, non l’ho trovata Rosa al telefono…». E scoppiò in una grossa risata. Questo era Toninho. Questo era Cerezo”.


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