Corvino: "Ljajic? Può diventare un calciatore unico, la Roma punti su di lui"
Fonte: ilcatenaccio.es
Pantaleo Corvino, ex Direttore Sportivo di Lecce e Fiorentina, ha concesso un'intervista a ilcatenaccio.es. Queste le sue dichiarazioni.
Iniziamo con la sua carriera. Ha qualche rimpianto di giocatori che ha trattato e non è riuscito a concludere?
“Ogni direttore sportivo nella sua carriera ha i suoi rimpianti. I motivi possono essere diversi e non voglio neanche stare qui ad elencarli. Tra i giocatori che avevo in mano e poi all’ultimo non sono venuti ricordo Berbatov, quando ero a Lecce, o Vidal alla Fiorentina, ma anche Rossi, Ivanovic, Higuain. Tutte manovre che sono state alterate da piccoli contrattempi o trattative dove pensavi di essere ormai ad un passo dalla chiusura e invece basta un niente che si chiude tutto. Ho ancora un po’ d’amaro in bocca”.
Rimpianti si, ma la sua carriera è costellata da grandi colpi e da grandi scommesse vinte. Quale la più bella?
“Quando fai questo mestiere chiaramente devi trattare tutti i ruoli. Ho comprato e venduto molti centrocampisti, difensori e portieri ma se guardo indietro, in tutte le squadre che ho avuto, grandissime soddisfazioni me le sono tolte con gli attaccanti. Mi ricordo ai tempi del Casarano, in serie C1, lanciai Fabrizio Miccoli e Cosimo Francioso. Quando andai a Lecce prelevai dal Servette David Sesa, venduto nel 2000 al Napoli per 16 miliardi di lire. Altri grandi affari furono quelli di Lucarelli, venduto al Torino per 9 milioni, e Chevanton, al Monaco per 10. Sempre a Lecce scovai Bojinov e Vucinic. In ogni squadra ho avuto grandi soddisfazioni nel ruolo d’attacco, così a Firenze con Toni, che avevo venduto all’Inter, ma ci fu un rifiuto da parte della mia società poiché da lì a poco scoppiò calciopoli e quindi fu venduto al Bayern Monaco un anno dopo. Ma anche Mutu, Gilardino, Osvaldo, Jovetic, Ljajic. Sicuramente me ne sfugge qualcuno e non voglio fare torti a nessuno, ma gli attaccanti sono gli affari che ricordo più volentieri”.
Capitolo Mondiali, cosa ne pensa dell’esclusione di Giuseppe Rossi?
“Penso che le scelte degli allenatori non possono essere discusse anche se a volte ti possono lasciare perplesso. In una rosa di 23 giocatori io faccio un ragionamento: per un attimo gioco a fare l’allenatore della nazionale, chiaramente per ogni ruolo scelgo il giocatore migliore per la maglia da titolare. Così qualsiasi persona per la porta sceglierebbe Buffon, se prendi il ruolo di difensore, chiunque la maglia da titolare la darebbe a Chiellini. Così come se ci fossero due maglie per il centrocampo, tra tutti i centrocampisti italiani, chiunque sceglierebbe Pirlo e De Rossi. Se Rossi stesse bene, per chiunque sarebbe lui il titolare in attacco. Poi possono esserci dubbi sulla sua tenuta fisica, ma su una rosa di 23 giocatori c’è sicuramente qualcuno che il campo non lo vedrà mai o lo vedrà per pochi minuti. Allora io non convocherei questo giocatore per portare Rossi, che nel dubbio può comunque aumentare il tuo livello in attacco, e porteresti sempre un campione. Ma gli allenatori fanno le loro analisi, lasciamo fare loro”.
Partiamo con quell’atmosfera di tristezza che fa da preludio però ai grandi successi. Che Mondiali si aspetta da parte dell’Italia?
“Non voglio attaccarmi alla superstizione. Preferisco non guardare all’ultima partita contro il Lussemburgo, anche se non nego che un po’ di paura la sto avendo, soprattutto alla luce della prestazione. Mi auguro che l’Italia possa essere la vera sorpresa dei Mondiali. Anche non guardando l’ultima partita però, le ultime apparizioni azzurre non sono convincenti”.
Se dovesse fare un nome quale sarà la nazionale da tenere d’occhio?
“Vado a colpo sicuro e dico il Belgio, squadra giovane con personalità di spicco. Farà benissimo”.
Guardando al calciomercato invece, cosa cambierà con l’abolizione delle comproprietà?
“Io credo che non ci saranno stravolgimenti importanti, ci sarà solo un adeguamento a questa nuova situazione. A mio parere non cambierà niente”.
Come è cambiata invece la figura del direttore sportivo?
“Dobbiamo partire da una constatazione, sono anni che la figura del direttore sportivo avvantaggia le società e i presidenti. All’interno di questo rapporto sono entrati i procuratori dei calciatori e i vari intermediari. Più che il ruolo del direttore sportivo, è il calcio che sta cambiando, sia da parte dei procuratori che da parte dei presidenti. Dobbiamo pensare ad ogni squadra come un’azienda a tutti gli effetti, in tutte le aziende ci sono dei proprietari, che nel calcio sono i presidenti, e poi ci sono i dirigenti, gli amministratori, che nel calcio sono i direttori sportivi. Nel calcio sta cambiando questa filosofia aziendale, i procuratori hanno sempre più peso”.
Prima parlavamo di Ljajic, la Roma deve continuare a puntare su questo ragazzo?
“Adem ha una potenzialità incredibile, straordinaria. Credo che con il tempo possa diventare un calciatore unico, quindi la Roma farebbe bene a continuare a puntare su di lui. I giallorossi hanno investito molto su questo giocatore quindi credo che anche loro la pensino come me”.
Quale sarà il suo futuro? Possibile un suo approdo al Bologna?
“Ognuno di noi pensa il proprio futuro in relazione al passato. Io quando penso a quello che è stata la mia storia, ricordo quando sono partito dalla terza categoria e ho vinto tutti i campionati. Poi sono arrivato in serie A e ho fatto quattro volte la Champions League. Ognuno di noi lavora per obiettivi, il mio è quello di migliorare quanto ho fatto finora quindi penso a vincere lo scudetto, mi manca questo come unica meta, il resto l’ho raggiunto. Le nostre scelte però non dipendono da noi, se non dovessi arrivare a raggiungere questo obiettivo vorrà dire che farò una scelta dettata dalla passione, andrò dove mi dirà il cuore”.