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Dario Canovi: "Non ho mai creduto nelle bandiere nel calcio. Un rimpianto non essere stato agente di Totti"

di Gabriele Chiocchio
Fonte: Centro Suono Sport

L'avvocato Dario Canovi è intervenuto ai microfoni di Centro Suono Sport: "Questione Totti-Spalletti? Credo che ci sia stato un errore di comunicazione sia da parte della Roma che di Spalletti, oltre che un po' anche dalla parte di Totti. Certe cose vanno risolte tra loro. Di una cosa sono certo: quello che ha detto Totti è che la sua storia nella Roma merita chiarezza e rispetto. Non mi sembra che abbia mai avuto la pretesa di giocare. Credo che a un giocatore come lui, che ha fatto tantissimo per la Roma, questo gli sia dovuto. Credo che le parole di Spalletti, provocato dai giornalisti, abbiano innervositro Francesco. Credo che il problema più grande della Roma sia la lontananza del suo presidente. Queste cose vanno risolte con un colloquio tra presidente, allenatore e Totti.

Se si chiude un'epoca con l'addio di Totti? Devo confessare che non ho mai creduto nel giocatore bandiera. Nessun club ha considerato un proprio giocatore una propria bandiera. Neanche i tifosi. Essi tifano per il giocatore fino a quando è l'emblema di una squadra che gioca. quando no lo è più viene dimenticato. Se noi consideriamo che i tifosi della Lazio hanno considerato come bandiere Chinaglia e Di Canio che hanno cambiato maglia, vi rendete conto come il tifoso abbia poca memoria. Il tifoso è questo in gran parte. Non mi meraviglia che ci siano tifosi che si stiano dimenticando cosa ha fatto Totti in campo e non. Sono convinto che se Totti avesse accettato qualche offerta dai club europei, avrebbe vinto di più.

Il conflitto tra Totti e Spalletti nel 2009? Ci sono due versioni diverse: da una parte Spalletti accusa Totti di non averlo difeso; dall'altra la Sensi dice che fu Spalletti a voler andare via. Indubbiamente le parole di Spalletti degli ultimi mesi denotavano una mancaza di feeling tra i due. Io procuratore di Totti in passato? Ci provai in tutti i modi ma non ci riuscii. Fu il mio più grande rimpianto".


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