De Sisti: "Gli americani hanno tutte le carte in regola per fare un bel progetto a Roma"
Fonte: Voxpopuliromani - Claudio De Prosperi
Intervistato dal sito Voxpopuliromani, Giancarlo De Sisti ha parlato del suo passato come giocatore della Roma e della futura proprietà giallorossa.
De Sisti per lei esistono ancora le bandiere oggi oppure contano solo i soldi?
“Alcuni giocatori avrebbero l’opportunità di diventare bandiere, nella Roma c’è Totti che è una bandiera, De Rossi vorrebbe rimanere bandiera aldilà di quello che poi sarà il suo futuro più immediato che deciderà anche lui stesso. Però per esempio giorni fa mi facevano tante domande su Montolivo alla Fiorentina non so c’entra con quello che state parlando. Mi dicevano che Montolivo potrebbe rimanere alla Fiorentina ma sembra che voglia andare via. Io ho risposto dicendo: “Guarda lui c’ha due strade: o lo grazia il dio denaro che lo porta a qualche soddisfazione in più in qualche squadra più nobile della Fiorentina oppure l’altra condizione è diventare una bandiera della Fiorentina” quindi sposare un ideale perché la Fiorentina gli darà mai tanti soldi quanto quegli altri. Inoltre può vincere, quindi tra ambizione e valori interiori chiaramente oggi si tende a privilegiare l’ambizione a scapito delle bandiere fanno fatica a resistere. E’ un discorso molto complesso ma io non do la colpa ai calciatori. Loro vivono questo sistema; se vanno a chiedere 3 o 5 milioni di euro e c’è chi glieli da nessuno dirà mai che non li vuole perché sono troppi. Chi cambia squadra e comincia e baciare lo stemma, quella è una buffonata”.
Lei esordì con la Roma il 12 Febbraio del 1961 in un Roma-Udinese 2-1, in quello stesso anno la Roma vinse anche il suo unico trofeo europeo, ovvero la Coppa Delle Fiere che poi cambiò nome. Ha avuto modi di viverla quella coppa oppure lei faceva parte ancora delle giovanili in quel periodo?
“Io sono stato convocato due, tre volte. Ero un giovanotto, avevo 18 anni ed ho esordito proprio in quella partita che dice lei, anche se era Udinese-Roma. Poi giocai l’ultima partita sempre fuori casa a Firenze che vincemmo 1-0. Li ricordo tutti i suggerimenti che mi diede il grande Schiaffino che era un mostro di intelligenza tattica, ho cercato di carpire il più possibile".
Lei è un romano e romanista è nato in una zona importante di Roma, il Quadraro. Che cosa ha rappresentato giocare per la squadra e per la maglia della sua città?
“Una cosa indescrivibile. Avevo uno stanzino li a casa mia con tutte le fotografie dei giocatori, anche di quelli coi quali non sono riuscito a giocare. Uno che sogna di giocare con la Roma e poi riesce a vivere il sogno dentro lo stadio Olimpico che è il campo della tua squadra del cuore è una grande emozione. C’è da morire di infarto ma sei troppo giovane e hai l’entusiasmo addosso. Dai l’anima, ti senti quasi qualcuno senza esserlo. Non sai se i tuoi altri sogni si realizzeranno ma il quello più grande si è già realizzato perché tu hai sognato di giocare in quello stadio con i tuoi idoli e quello è successo”.
Lei decise anche un derby con un suo gol, Roma Lazio 1-0. Cosa ha provato segnare il gol decisivo proprio con la maglia dei suoi sogni?
“Questa è una magia: evidentemente Gesù Cristo mi ha ritagliato un pezzetto di spazio, aveva pensato a me di farmi realizzare qualche cosa di fondamentalmente importante. Io non sono stato anti-nessuno, nemmeno anti-laziale. Mi sento una persona ricca dentro, pensare che un Roma-Lazio, una partita molto sentita con tutti gli sfottò con tutto ciò che ne consegue, alla fine ti ritrovi a segnare il gol decisivo è importante. Menomale che avevo i piedi per terra. Mi posso accontentare di quello che Dio mi ha dato. Il mio punto massimo di felicità è stato quando un giocatore come me, senza avere un grande fisico, è riuscito a giocare Italia- Germania 4 a 3”.
Lei quando fece l’allenatore all’Ascoli passo un periodo molto duro. Ci può raccontare quella vicissitudine che l’ha riguardata ad Ascoli?
“Era un desiderio forte di tornare ad allenare in serie A. Mi fu proposto l’Ascoli e andai a parlare con il presidente. Mi promise che mi avrebbe rinforzato la squadra ed io accettai. Invece squadra non venne rinforzata e io gli riferì che cosi era dura farcela; nacque cosi una sorta di tira e molla che porto a giocare qualche buona partita ma pochi risultati. Mi chiese di fare un contratto a vita, diventare l’uomo immagine di Ascoli. Voleva addirittura costruire una cittadella che io avrei dovuto dirigere. Poi abbiamo perso contro la Juve in casa. Marco Bernardini di TuttoSport disse “la persona più bella e più forte io che io abbia conosciuto è De Sisti”. Il giorno dopo gli hanno dato i calci alla macchina. Cominciò a dire che prendevo troppi soldi e che prendevo l’ ingaggio più alto della serie A. Dopo le sue dichiarazioni fece scatenare i tifosi che mi tirarono addirittura una bomba carta”.
Che cosa pensa della Roma di oggi? I tifosi si sono lamentati del non attaccamento alla maglia. Come giudica la nuova presidenza?
“La Roma ha fatto quello che ha potuto con una situazione dirigenziale abbastanza ambigua e con grandi difficoltà. Forse avrebbe dovuto dimostrare più amore a questi colori. Io credo che quello che deve legare sono i colori della maglia e la gente che ama la Roma; sono queste le cose a cui bisogna legarsi, la dirigenza invece va e viene. Credo che la partecipazione radicale a quello che è il progetto, il colore della maglia, la fede, la passione e l’amore, a prescindere da chi ti guida, sono le cose che contano. Penso che questi nuovi proprietari abbiano tutte le risorse per farlo. Qualunque sia l’allenatore bisogna prendere giocatori forti. Spero che invece di Luis Enrique riescano a comprare Messi”.