Guberti: "Quella giallorossa è stata l’esperienza cruciale della mia carriera: ho imparato tanto”
Il doppio ex di Roma e Sampdoria Stefano Guberti è stato intervistato nel Match Program: “Quella giallorossa è stata l’esperienza cruciale della mia carriera, dove ho imparato tanto”.
Cosa la convinse a scegliere la Capitale?
“Non c’era bisogno che mi convincesse qualcuno ad accettare una proposta così importante. Era la piazza migliore in cui potessi sperare di giocare, con un grande allenatore con Spalletti e un calcio propositivo ideale per le mie caratteristiche di esterno d’attacco. Mi sono trovato bene fin dall’inizio, nonostante pensassi che l’ambientamento potesse essere più complicato”.
Perché?
“Perché quella romanista è una piazza grande e dispersiva, però dal punto di vista ambientale non ho mai avuto problemi. La tifoseria è calda come è giusto che sia e la città è meravigliosa, ma non la scopro di certo io. Il problema nacque in campo”.
In campo?
“Sì, perché durante gli allenamenti notavo di avere un passo diverso rispetto ai miei compagni di squadra. La cosa che mi impressionava delle varie sedute tecnico-tattiche era l’intensità che mettevano e la capacità di fare tutto ad una velocità maggiore a quella a cui ero abituato io. Ma fu tutta esperienza che accumulai e che mi tornò utile successivamente in altre realtà. Alla Sampdoria, ad esempio, me la giocavo meglio con i concorrenti di reparto. Quando si dice delle categorie dei calciatori, ecco questo è un esempio.”.
Non era da Roma, intende?
“I miei compagni di squadra, nel mio ruolo in particolare, erano superiori. È inutile girarci intorno. Vucinic, Menez, lo stesso Taddei: avevano qualità incredibili. Ma pure altri come De Rossi e Pizarro erano impressionanti. Per non parlare di Totti…”.
Ci ha giocato insieme, con Totti.
“Ed è una delle migliori cose che potesse accadermi in carriera. Ho appena finito di leggere la biografia di Francesco, un bel libro. Lui è stato un campione infinito, mi lasciava a bocca aperta quando metteva un giocatore in porta senza nemmeno guardarlo. Sapeva già dove piazzare la palla, ancor prima che gli arrivasse tra i piedi. Mai visto niente di simile”.
Lei segnò anche un gol in giallorosso, nei preliminari di Europa League contro il Kosice.
“Sì, all’Olimpico, nella partita di ritorno che vincemmo 7-1. Una rete rocambolesca, un tiro non irresistibile dal limite che passò sotto la pancia del portiere. Ma la preparazione di quell’azione fu buona, quella era una mia caratteristica, di muovermi bene nello stretto, nell’uno contro uno”.
L’anno dopo diede anche un dispiacere ai giallorossi, segnando il gol decisivo in Sampdoria-
Roma 2-1 del 9 gennaio 2011.
“Sì, fu l’unico sussulto di orgoglio che ebbi nei confronti della Roma. Ma non proprio per la squadra o la società, era un modo per dimostrare a Ranieri che sarei potuto restare nella rosa per dare una mano quando serviva. Lui all’inizio del ritiro 2010-2011 mi disse che mi avrebbe tenuto e preso in considerazione alla bisogna, ma poi andai via di nuovo alla Sampdoria e lui non si oppose. Sicuramente quella blucerchiata era una dimensione più appropriata al mio profilo di giocatore, ma ci avevo fatto la bocca a rimanere. E io, da sardo testardo, cercai di dimostrargli che in quel caso si era sbagliato. Peccato che poi con la Sampdoria retrocedemmo proprio al termine di quel torneo, nel 2011”.
Dunque, con Ranieri che rapporto ebbe? Positivo o negativo?
“A parte questa incomprensione appena raccontato, se così vogliamo definirla, ho avuto un ottimo rapporto con lui. Era un uomo schietto e di grande esperienza. Non a caso ha allenato in grandi club”.
Si allenò a Trigoria anche nel corso della stagione 2012-2013.
“Esattamente, con Zeman prima e Andreazzoli poi. Pure in quell’occasione ebbi modo di apprendere nuovi concetti, stando sempre con il gruppo. Ma ero sotto squalifica e più del campo di allenamento non potevo vedere”.
C’è qualcosa che non rifarebbe per evitare quella lunga squalifica di tre anni per calcioscommesse?
“Diciamo che farei, se potessi tornare indietro… A Bari sono stato assolto a livello penale. L’unico errore che ho commesso è stato quello di tapparmi le orecchie e far finta di niente in alcune situazioni che sinceramente poco mi interessavano. Forse qui ho sbagliato. Se tornassi
a quei momenti con l’età e la consapevolezza di ora, magari agirei in maniera diversa. Non c’è bisogno di dire altro, credo si sia capito”.
Oggi a 34 anni è tornato a mettersi in discussione, in Serie C, al Siena.
“Campionato e livello completamente diverso a quello a cui ero abituato, ma l’offerta è stata buona. Mi ha permesso di tornare in campo ed è stato molto importante per me. Ora mi diverto, tra qualche anno mi vedo bene in panchina a fare l’allenatore. Ho già preso il primo patentino, poi seguirò altri corsi. Ho avuto in passato tecnici di livello assoluto come Conte, Spalletti, Ranieri, Ventura, Delneri, lo stesso Zeman: ho imparato tanto e da ciascuno ho preso qualcosa. Io ci metterò le mie idee, cercando di fare il resto”.