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Igor Zaniolo: "Quando ho saputo dell'esordio di mio figlio era troppo tardi per volare a Madrid. Che emozione vederlo al Bernabeu"

di Pietro Mecozzi

Igor Zaniolo, papà di Nicolò, ha visto l'esordio del figlio al Santiago Bernabeu nella sua attività commerciale a La Spezia. Ha saputo a mezzogiorno del suo esordio, troppo tardi per un'insperata corsa verso Madrid. Intervistato da Il Romanista, l'ex calciatore di Genoa e Messina tra le altre, ha parlato della rapida ascesa del figlio e delle emozioni nel vederlo esordire in un palcoscenico del genere: 

Che emozione ha provato nel vederlo lì?
«Una cosa indescrivibile, che lascia senza fiato. Da ex giocatore ho provato a immedesimarmi, a entrare nella sua testa. Il debutto assoluto contro i fenomeni del Real Madrid, in quello stadio, davanti a quel muro di persone... Avevo paura che potesse non reggere».

Un buon esordio tutto sommato
«Ha giocato tranquillo, penso che di più non potesse fare, contro quegli avversari. In quel contesto possono tremare le gambe anche ai grandi giocatori, figuriamoci a un ragazzo di 19 anni all'esordio».

In un frangente non ha esitato a partire palla al piede superando Gareth Bale
«Li ha dimostrato di avere personalità. Ha provato a giocare, a fare la partita: poteva nascondersi, invece non ha avuto paura di sbagliare. Quando l'ho risentito dopo mi ha detto che lo hanno aiutato molto i compagni. Ma lui comunque in campo è uno freddo, si vedeva anche dagli appoggi. Poi certo, un paio di uscite le ha sbagliate. E anche un taglio per El Shaarawy, che con un po' di esperienza avrebbe potuto fare meglio. Ma va benissimo così, alla sua età».

Lo immaginava così il suo esordio?
«No, certo. Come avremmo potuto immaginare una cosa del genere? Certo, è solo un primo passo: ora non deve mollare, è solo all'inizio. Ma se giocherà altre gare, sa che il coefficiente di difficoltà non potrà mai essere come quello della prima che ha giocato».

Quanti messaggi le sono arrivati?
«Stamattina, a un certo punto, ho dovuto spegnere il telefono io, per quanta gente mi stava facendo i complimenti, chissà lui...»

A Firenze avranno qualche rimpianto...
«Beh, penso di sì. Non lo hanno voluto aspettare. Era in ritardo sul piano fisico, ma le caratteristiche tecniche erano quelle».

Ritardo fisico che ha superato del tutto
«Ha preso venticinque centimetri negli ultimi due anni, e sta crescendo ancora. Adesso è un metro e novanta. E ha le gambe robuste, forti. Deve solo mettere un po' di muscoli sul busto, per tenere botta. Li avrà superati tutti, quelli che prima erano più alti di lui».

Quanti anni aveva quando è arrivato in viola?
«Avrà avuto dieci anni. Lui è cresciuto a La Spezia: è nato a Massa, solo perché mia moglie aveva lì il suo medico di fiducia, e ha scelto quell'ospedale per partorire. Quando lo ha preso la Fiorentina era troppo piccolo per andare al pensionato: lo venivano a prendere con un pullmino a mezzogiorno e mezza, quando usciva da scuola, tornava a casa alle undici di sera. Due o tre anni così, poi è andato a vivere lì, al pensionato. Fino a quando non lo hanno mandato via, nel 2016».

Com'è avvenuta la cessione da parte dei viola?
«Negli Allievi giocava con il numero 10. Aveva anche iniziato la stagione con la Primavera, gli hanno detto che doveva andare via quando mancavano due o tre giorni alla fine del mercato. Volevano mandarlo in prestito alla Primavera del Carpi o del Cesena, io mi sono opposto. Ed è andato all'Entella. Cessione definitiva, a titolo gratuito».

Leader della Primavera, 7 presenze in B: è cambiato tutto. E la Roma lo voleva già allora.
«Venimmo a giocare la finale di Coppa Italia, Roma-Entella all'Olimpico, e ci contattarono. A un certo punto sembrava tutto fatto con la Juve. È intervenuta l'Inter, ha rilanciato, e chiuso con l'Entella».

E poi l'interesse di diverse squadre di Serie A
«È stato molto vicino al Chievo, lo volevano l'Empoli e la Spal. Ma anche l'Atalanta o il Sassuolo, che ha preso un paio di ex Primavera dell'Inter, ma Nicolò era la loro prima scelta. Poi, una settimana prima della chiusura dell'affare Nainggolan, è rispuntata fuori la Roma».

Che ha pensato anche al prestito
«E noi avremmo accettato. Alla Roma siamo andati di corsa, ma sapevamo che c'erano tanti campioni, e che rischiava di non giocare mai».

E invece ora..
«Ora mio figlio deve vivere alla giornata, allenarsi, imparare, e prendere quello che arriva. A Roma si trova bene, ha preso casa all'Eur, con la mamma. Lo hanno accolto tutti bene, come un adulto, non come un ragazzo. I nomi non me li fa, ma credo che De Rossi e Florenzi siano quelli che lo stanno aiutando più di tutti».

Li ritroverà anche in azzurro.
«Vediamo... la convocazione di Mancini è stata una bellissima sorpresa, e se trovasse spazio magari ricapiterà. Ma per ora deve pensare all'Under 21, o all'Under 20».

Intanto, con la prima partita con la Roma, ha già superato suo padre...
«Lui è più tecnico di me. E anche un po' più alto. Io ero un centravanti da calcio inglese, di quelli che puntavano tutto sulla carica agonistica. Le mie soddisfazioni me le sono tolte, i miei campionati li ho vinti. Ma non ho mai giocato in serie A.  E a carriera finita un po' mi è dispiaciuto non aver avuto la possibilità di vedere come me la sarei cavata in A.»


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