Jacobelli: "Con la scelta di Ranieri forse i Friedkin hanno capito cosa sia il romanismo"
"La decisione di affidare a Ranieri la guida della Roma è stata la prima cosa giusta che i Friedkin hanno fatto dopo avere commesso una serie di errori sesquipedali, alla radice del loro annus horribilis". Inizia così il fondo di Xavier Jacobelli su Tuttosport, che prosegue: "Auspicabilmente, si presume che il signore di Testaccio venga lasciato libero di lavorare in pace, onde permettergli di riportare in carreggiata una squadra bisognosa prima di tutto di fare pace con se stessa e con una tifoseria che ne ha sopportate abbastanza e ne ha le tasche piene di una proprietà la cui capacità di spesa è inversamente proporzionale alla capacità di capire una volta per tutte che cosa sia la Roma per i suoi tifosi e che cosa rappresentino i suoi tifosi per la Roma".
Prosegue: "Ci voleva un romanista a denominazione d’origine controllata per rompere l’assordante silenzio dei Friedkin, i quali (forse) hanno finalmente capito cosa sia il romanismo, inteso come cuore, passione, condizione dello spirito. Per dirla con Venditti, “ci fa sentire amici anche se non ci conosciamo/ ci fa sentire uniti anche se siamo lontani/ batte forte, forte, forte in fondo al cuore/ ci toglie il respiro/E ci parla d’amore”.
Ranieri III non ci ha messo un attimo per mostrare la sua schiena dritta agli americani. Le parole pronunciate al ritorno a casa sono state chiare, nette, senza se e senza ma: su Dybala, su Hummels, su De Rossi, su Totti, sulla squadra, sul rapporto con i Friedkin, sul ruolo presente di allenatore e futuro di dirigente, anche se già è l’uno e l’altro, a giudicare da ciò che ha detto e da come l’ha detto".