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La storia di Emanuele Mancini, l'amico di De Rossi che gioca in Lega Pro

di Alessandro Eremiti
Fonte: Gianlucadimarzio.com

Il calcio, si sa, è fatto di storie. Quella di Emanuele Mancini è una di quelle degne di nota. Centrocampista centrale della Lupa Castelli Romani, che milita in Lega Pro e amico fraterno di Daniele De Rossi, suo compagno ai tempi della Primavera della Roma, al quale il capitan futuro giallorosso ha addirittura dedicato la sua centesima presenza in nazionale. Mancini si è raccontato al sito Gianlucadimarzio.com. Di seguito l'intervista integrale: 

Qualche albero, tanto verde, poi una piccola collina. Impressionismo? No, no. Stadio Montefiore di Rocca Priora, casa della Lupa Castelli Romani, un club che si è reso protagonista di uno dei più bei miracoli degli ultimi anni: dalla fondazione nel 2013 alla Lega Pro, il tutto in sole due stagioni. Eccellenza? Serie D? Dominate a suon di record. Con Emanuele Mancini tra i protagonisti (anche se quest'anno è stato fermato da un infortunio). Di chi parliamo? Centrocampista, cuore romanista, accento romanesco, cresciuto nella Primavera della Roma. Scioglilingua? Semplicemente la sua storia: ''L'anno scorso stavo per firmare col Rieti  poi mi ha chiamato Fabio Iengo e ha stoppato la trattativa. Conoscevo alcuni giocatori che avevano acquistato, non ci ho pensato due volte a sposare questo progettoQui si respira un'aria particolare, c'è una voglia di non perdere mai che fa paura. E' difficile spiegarlo a parole, ma dall'anno scorso si è creato un gruppo forte, una famiglia. Il giocatore che mi ha più impressionato? Se ne dico uno faccio un torto agli altri, mi hanno sorpreso tutti. Tra i giovani dico Simone Icardi (centrocampista classe '96).

Si parte dall'Eccellenza... "Grandi soddisfazioni, abbiamo vinto senza perdere mai mettendo a segno anche qualche record. E quest'anno è continuata sulla falsa riga, sono stato il loro primo tifoso perché non ho potuto dare il mio contributo...''. Già, gli infortuni. Tanti, troppi, un "Tallone d'Achille" per la carriera di Mancini. Fino all'ultimo rimediato a Novembre che l'ha costretto a saltare tutta la stagione: ''Sto lavorando per tornare a giocare, tra un mese dovrei essere pronto. Non posso fare altro che giocare a calcio, non so fare nient'altro. Sugli infortuni che dire? Mi sono fatto male al menisco a Settembre - continua Emanuele - poi sono rientrato e alla prima partita mi son rotto il crociato dell'altra gamba. Bene eh? . Il mio obiettivo è tornare a giocare. Non so dove, devo ancora parlare col presidente. Però io qui mi trovo bene''.

E poi? Poi la Roma, i due anni trascorsi in Primavera, i tanti amici con cui ha trascorso indimenticabili momenti. Alcuni di loro ce l'hanno fatta ad arrivare in alto: è il caso di Pepe, Bovo e soprattutto Daniele De Rossi, l'amico di una vita e del cui rapporto Emanuele preferisce non parlare. Questioni di sentimento. ''Preferisco non sbandierare ai quattro venti la mia amicizia con lui, anche alla luce del fatto che mesi fa mi hanno tartassato...''. Già, perché De Rossi dedicò la sua centesima presenza in Nazionale proprio all'amico Mancini. Questioni di cuore, appunto. Meglio non indagare e rispettare la sua scelta, meglio parlare della Roma: ''Alla Roma sono arrivato ad 11 anni e ho giocato fino alla Primavera. Con molti compagni mi sento ancora, ad esempio Bovo e Pepe, più altri che magari non hanno sfondato ad alti livelli. Simone non lo sento spesso, ma ogni tanto facciamo qualche rimpatriata. Ho vissuto 9 anni con loro, sono rimasto legato''.

Per Mancini anche un panchina in Coppa Italia. Cassano da una parte, Cafù dall'altra e Capello allenatore. Ad Emanuele tremavano le gambe: ''E' stata l'esperienza più bella della mia carriera. Ho iniziato ad allenarmi con loro il 31 Dicembre, perché mancavano giocatori alla prima squadra. Sono rimasto insieme ad Andrea Servi. All'inizio non ci andava neanche tanto di allenarci, da incoscienti... Poi c'è stata la trasferta di Brescia in Coppa Italia. Neanche ero convocato. Poi Capello mi disse di andarmi a spogliare perché dovevo andare con loro. Sensazione bellissima, indimenticabile. In pullman mi resi conto che sarei andato in panchina, perché eravamo 19 con tre portieri. E' stata un'esperienza che mi ha segnato, mi ha fatto crescere molto.''

''Il mio idolo? Non ne ho mai avuto uno ben preciso, forse Guardiola perché un po' mi ci rivedo. Se mi considero un talento sfortunato? No, non sono d'accordo. Io sono onesto, non ero un giocatore che spiccava clamorosamente per il talento che aveva. Certo, sicuramente avrei potuto fare qualcosa di più. Mi son rotto il crociato a 18 anni in Primavera. Ho passato la mia carriera tra i dilettanti, preferisco non pensare a ciò che poteva essere. Negli anni mi hanno detto che potevo fare qualcosa di più, ma sono contento di quello che è stato. Mi son tolto delle soddisfazioni. Il prossimo anno? Il presidente Alessandro Virzi difficilmente crea squadre per partecipare. E' uno che vuole vincere, non credo che vedremo una squadra che vuole solo salvarsi. Però l'obiettivo minino sarà quello''. Umiltà e passione. Semplicemente Emanuele Mancini. Ieri in Primavera, oggi alla Lupa Castelli Romani. Nel mezzo indelebili ricordi, tante soddisfazioni e nessun rimpianto".


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