Luiso: "Petrachi era un giocatore molto forte, ti puntava e metteva in difficoltà"
L'ex giocatore del Torino Pasquale Luiso è stato intervistato dall'AS Roma Match Program:
Arriva in Serie A a 24 anni. Nemmeno troppo giovane.
«Vero. Fu il presidente Calleri in persona a volere il mio acquisto, una volta rilevato il club. Ricordo che una domenica venne a Sora per ragioni personali. Così, qualcuno a lui vicino, gli suggerì di andare allo stadio a vedere la partita del Sora. Io segnai due gol e feci una grande prestazione. In quel frangente disse: “Se compro il Torino, Luiso lo prendo immediatamente”. E così fu. Mi acquistò nel 1994 per 500 milioni di lire, portandomi in una società gloriosa. Ricordo ancora oggi il giorno in cui andai a firmare il contratto proprio a Roma, nella villa di Calleri ai Parioli».
Cosa non andò in granata?
«Semplicemente, avevo troppa concorrenza davanti e non avrei mai potuto esprimermi secondo le mie potenzialità. Nel mio stesso reparto giocavano Andrea Silenzi, Abedì Pelè, Ruggiero Rizzitelli. Giocatori forti e affermati. A ottobre decisi di andarmene, di passare al Pescara. Calleri venne da me e mi disse: “Ma cosa stai facendo? Resta qui”. Io gli risposi: “Grazie presidente, ma quando gioco?».
Ha menzionato Rizzitelli, uno che in giallorosso ha lasciato il segno. Avevate un buon rapporto?
«Ottimo. Ruggiero è sempre stato un bravo ragazzo, aiutava tanto i giovani con disponibilità. Una volta mi fece una battuta: “Quanti anni hai tu?”, mi chiese. E io: “24”. “Allora hai già smesso…”, replicò con ironia. In ogni caso, al Torino ho esordito in Serie A e segnai il primo gol ufficiale della stagione granata, 1994-1995, in Coppa Italia contro il Monza. L’allenatore era Rosario Rampanti. C’era pure Gianluca Petrachi in campo, al mio fianco».
Che giocatore era l’attuale direttore sportivo della Roma?
«Forte, molto molto forte. Gianluca era bravissimo nell’uno contro uno. Un esterno d’attacco che ti puntava e ti metteva in difficoltà. Aveva tecnica e forza fisica. Abbiamo tutt'ora un buon rapporto di amicizia, a volte ci scambiamo messaggi. E lui è sempre molto disponibile nei miei confronti. Ho avuto pure alcuni scambi con un altro ex mio compagno di squadra al Pescara, Morgan De Sanctis. Lui, all’epoca, era giovanissimo. Abbiamo parlato di tante cose, anche di lavoro. Sento di poter dare qualcosa ad una squadra di ragazzi. Mi piace insegnare e mi piacerebbe tornare nel giro, sono fermo da un anno e mezzo».
A questo proposito, ha già guidato la squadra primavera del Vicenza nel 2016-2017.
«Quella è stata una delle migliori esperienze su una panchina da allenatore. Ero totalmente a mio agio, in un ambiente che mi ama. Peccato essere arrivato nel momento peggiore della storia del club, in coincidenza con il fallimento societario. Le cose sarebbero potute andare diversamente se la vicenda del Vicenza avesse avuto un altro tipo di epilogo».
Non ha avuto proposte concrete negli ultimi diciotto mesi?
²Diversi discorsi o chiacchiere ne ho avuti con alcuni dirigenti di società di varie categorie, però nulla di convincente. È inutile andare in una squadra in difficoltà, dove ti chiedono di fare il miracolo verso la fine della stagione. C’ero andato vicino A Fondi, a cinque giornate dalla conclusione del campionato, provando a giocarmi uno spareggio, però non era una situazione semplice. A me basterebbe un progetto serio, anche partendo da una categoria dilettantistica. Sarei disposto a fare un investimento su me stesso. Il problema è un altro, le squadre di rango basso difficilmente puntano su un ex giocatore dal nome importante, come nel mio caso. Ed è difficile che i direttori sportivi alle prime armi o poco conosciuti si facciano precedere da un allenatore dal cognome pesante».
Si è cimentato anche opinionista tv in diverse emittenti locali e nazionali.
«Sì, è sempre bello parlare di calcio, ma il mio mestiere resta quello dall’altra parte della barricata. Voglio allenare, vivere il campo e insegnare calcio. Come già detto, possibilmente in una squadra di un settore giovanile».