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Mille panchine in carriera per Zeman: "Totti il migliore che ho allenato"

di Emiliano Tomasini

Quante panchine ci sono tra il 21 agosto 1983 e il 7 novembre 2021? Mille, per ulteriori informazioni chiedere a un certo Zeman, di professione allenatore.
Per chi non lo avesse capito, questa domenica l'ex allenatore della Roma - e attuale mister del Foggia - Zeman ha raggiunto lo storico traguardo delle mille panchine in carriera. Il suo Foggia gli ha regalato una bella vittoria per 3-0 contro la Paganese e così il Boemo ha festeggiato al meglio le mille candeline. Per celebrare il grande traguardo, la Gazzetta dello Sport lo ha intervistato. Tanti i temi trattati nel corso dell'intervista, dai pochi trofei vinti al suo pupillo Francesco Totti. Di seguito, uno stralcio delle sue parole.

Che effetto le fa essere arrivato a questo traguardo in Italia?
"Mi fa capire che gli anni sono passati... Ma che qualcosa di buono devo averlo fatto per raggiungere un numero così alto di panchine".

Lei non ha vinto scudetti e Coppe, eppure viene chiamato Maestro da tecnici enormi, come Sacchi e Guardiola, per la mentalità offensiva, le idee e il gioco d'attacco.
"Ringrazio chi lo dice, ho sempre pensato che per vincere bisognasse segnare un gol in più dell'avversario. E questo ho sempre chiesto alle mie squadre. Non è vero che non curavo la fase difensiva, ma l’obiettivo è sempre stato imporre il gioco, cercare il gol e soprattutto divertire il pubblico. Il mio calcio non è mai stato utopia: ho sempre inseguito anch’io il risultato, ma cercando di ottenerlo attraverso lo spettacolo e la bellezza, nel rispetto delle regole e di chi faceva sacrifici per venire allo stadio. Magari non sempre ci sono riuscito, ma non ho mai smesso, né smetterò mai di pensare che questa era è e sarà sempre la strada giusta".

Una infinità di giocatori lanciati e valorizzati: carneadi fatti diventare calciatori e talenti fatti diventare campioni...
"Totti è stato il più grande di tutti, ma il suo talento non è stato merito mio. Signori quando lo volli non aveva mai segnato e divenne un bomber implacabile. Ma la soddisfazione maggiore è stata mandare in Nazionale da club piccoli, giocatori che non ci si erano mai avvicinati".


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