Mourinho perde il pelo ma non il vizio: celebriamo insieme il Re di Coppe
Forse non tutti sanno che nella vastità di internet esiste anche un sito che tiene traccia del tempo intercorso dall’ultimo trofeo vinto dalla Roma in tempo reale. Questa pagina web per anni è stata uno dei più riusciti sfottò inventati dai cugini biancocelesti che, insieme alla cosiddetta coppanfaccia del 26 maggio 2013, non mancano occasione di ricordare il lungo periodo di aridità dal punto di vista dei risultati che ha segnato oltre un decennio di storia capitolina.
Ora però le cose finalmente sono cambiate. Dopo avere segnato impietosamente lo scorrere del tempo per poco più di quattordici anni i gestori del sito sono stati costretti, la sera del 25 maggio, a fare ripartire il conteggio da zero.
Tolta la foto del pupone abbracciato alla Coppa Italia del 2008 si sono visti costretti a sostituirla con il logo della Conference League, immagine il più asettica possibile perché – tra di noi possiamo dircelo – un po’ sospettiamo ci siano rimasti male.
Se andiamo però a vedere i risultati a livello internazionale il digiuno giallorosso si perdeva ancora più nel tempo: andando a escludere la Coppa Anglo-Italiana del 1972 l’ultimo trofeo internazionale di peso vinto dalla Lupa è la Coppa delle Fiere della stagione 1960 – 1961, unica squadra italiana ad avere alzato il cielo il trofeo Noel Beard nelle tredici edizioni disputate.
Con la vittoria della Conference finalmente tutta questa attesa è finita e se dobbiamo cercare un protagonista in questo magnifico percorso europeo non possiamo che fare il nome del portoghese seduto in panchina: José Mourinho.
Il Re di Coppe
In particolare quest’ultima vittoria è paradigmatica delle capacità di tirare fuori il meglio dalle situazioni di difficoltà di portoghese. Inserito in un contesto decisamente respingente in entrambe le direzioni – lo stesso Mourinho non cercherà mai casa nelle vicinanze dell’Old Trafford preferendo vivere in un lussuoso hotel – riuscirà nonostante uno spogliatoio sui limiti dell’ammutinamento e una stagione deludente da molti punti di vista a portare a casa un trofeo europeo, merce rara in un contesto disfunzionale come quello dei Red Devils post Ferguson.
La psicologia
L’approccio originale di Mourinho e su cui ha basato le sue incredibili vittorie è chiaramente quello di tipo psicologico.
In primis a livello mediatico: fino a circa un lustro fa nessuno era bravo come l’allenatore di Setúbal a convogliare su di sé critiche e pressioni mediatiche liberando la squadra da pensieri extra calcio e permettendogli dunque di concentrarsi solo sul calcio giocato.
La psicologia dello Special One non si ferma solo alla parte mediatica ma passa anche attraverso al livello più tecnico-tattico dello sport. Anche lui come altri allenatore portoghesi è infatti fautore dell’approccio multifunzionale all’allenamento.
Questo approccio, messo a punto a livello universitario in Portogallo tra la fine degli anni 90 e i primi 2000, era di rottura rispetto ai principi tradizionali della preparazione atletica: non più approcci differenziati tra tecnica, tattica, attacco e difesa ma un metodo di lavoro integrato che mirava a introiettare la filosofia di gioco del tecnico in meccanismi rodati all’interno dei giocatori.
Una metodologia per l’epoca decisamente moderna e che attirò l’attenzione non solo degli addetti ai lavori: non a caso nel 2009 con l’uscita del libro “Mourinho, questione di metodo” la prefazione era firmata da Antonio Damásio, neuropsicologo di fama mondiale. Mica male per uno che solo dieci anni prima faceva ancora il vice al Barcellona e che nei successivi tredici vincerà tutte le massime competizioni europee di cui una - scusate se è poco - con la nostra Roma.