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Sampdoria, Sabatini: "La Roma arriverà in Champions e batterà il Porto. Nella Capitale per sopravvivere c'è bisogno di autoironia, ma la Roma è meglio averla che non averla"

di Andrea Cioccio

Walter Sabatini, ex ds della Roma, ha rilasciato alcune parole a Teleradiostereo, tornando sul suo passato. Eccole di seguito: "Quanto sento ancora mia la Roma? Sempre di meno, perché i giocatori sono sempre di meno. Sentimentalmente la sentirò sempre mia, tutto quello che è successo poi è un prosieguo di quanto succedeva prima. La Roma la sentirò sempre mia. La Roma è stata il mio destino, non è solo un fatto sportivo. E continua ad esserlo, anche se adesso mi occupo della Sampdoria. Ieri ho fatto una piccola cosa che riguardava la Roma, in un’intervista che riguardava Astori, ma questa telefonata è solo per restituire a Monchi e Ausilio il loro nell’affare Zaniolo. Ha pagato questa onestà? L’onestà ha un prezzo salato che ognuno di noi paga. Innanzitutto ti allontana dalla gente perché per esserle vicino devi essere un po’ corruttibile. Dove arriva la Roma? In Champions, è quello che deve fare. E auspicabilmente supera il Porto, è in salute e le sta girando anche abbastanza bene vedendo le ultime partite. La componente fortuna è sempre rilevante, le servirà soprattutto nel ritorno a Oporto. Arriverà in Champions e supererà il turno col Porto. Pastore? Il rendimento di Pastore mi imbarazza moltissimo, non posso vederlo giocare così. Ho avuto la fortuna di vederlo dominare il campo, di abbagliare la gente con giocate soprannaturali. Gli ho visto giocare partite epiche e portare il Palermo in una posizione di classifica importante, mi dà grande dispiacere vederlo giocare così. Deve attingere al suo carattere argentino, alla sua garra, deve attingere al suo orgoglio se ce l’ha, altrimenti è meglio che si dedichi ad altro. I calciatori devono aiutarsi da soli, non li può aiutare nessuno. E’ un playmaker a tutto campo, bisogna rimuovere l’idea che possa essere un enganche o un trequartista, deve sempre star vicino alla palla. Lui si sposerebbe alla grande con il gioco di Giampaolo perché fraseggia in ogni zona del campo, però non mi fate andare avanti perché se no vengo frainteso. Difficoltà per un ds di lavorare a Roma? Senza autoironia non sopravvivi a Roma. Io ho sofferto, così come Monchi, ma la Roma è meglio averla che non averla. L'operazione Edin Dzeko? Io avevo la sensazione che se la Roma non avesse avuto in quella fase un nuovo eroe dopo Francesco Totti avrebbe fatto fatica. Le condizioni di acquisizione, soprattutto lo stipendio di Edin, erano proibitive per la società, ma siamo stati bravi a crederci e a portare avanti la trattativa. Può essere un'operazione replicabile? Certo, il calcio cambia ma le condizioni restano, se un giocatore vuole andare via dalla sua squadra la società non può trattenerlo. Il problema della mentalità? Ci vorrà un gruppo di calciatori che da soli rappresentino uno zoccolo duro con voglia di vincere, il vincere deve diventare un'abitudine e una necessità. Quando la Roma avrà questo zoccolo duro, magari con De Rossi se continuerà a giocare, potrà competere in tutti i palcoscenici. Se Pallotta mi richiamasse tornerei? Lasciatemi fare il mio lavoro".


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