Sconcerti: "L'addio di Dybala non è giudicabile, in Italia tanti club hanno debiti". AUDIO!
Mario Sconcerti, giornalista sportivo e opinionista di TMW Radio, è intervenuto durante Stadio Aperto con Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini. A partire dall'addio di Dybala alla Juve, Sconcerti ha parlato anche della situazione economica degli altri club di Serie A, tra cui la Roma. Queste, le sue parole.
“La novità è che la Juventus abbia rinunciato a trattativa e giocatore, c’è stato un blocco dopo un lungo ragionamento. Una decisione tranciante è rischiosa, anche se loro sono quelli ad avere più dati di tutti. Prendiamo atto di una soluzione inattesa, della non-trattativa. Non so dire se sia un bene o un male, chi ha preso questa decisione pensava fosse giusta”.
Quanto pesa l’aspetto anagrafico e fisico?
“Non moltissimo, a novembre avevano trovato l’accordo. Sono cambiate semmai più le situazioni economiche di quelle atletiche. I cambiamenti non possono essere arrivati dopo due contratture, è stato l’investimento su Vlahovic che porta a riflessioni e qualche rinuncia. Dal punto di vista tecnico è stato perso un giocatore molto importante. In una stagione che giudichiamo inesistente ha segnato quanto Leao, Giroud o Ibrahimovic. Peraltro era rientrato con un’ottima prestazione, c’è da pensare a un progetto più di largo respiro”.
Vede uno spostamento dell'asse voluto dalla proprietà?
"Agnelli non è uno prevedibile, ma quando ci si aspetta un suo intervento ecco Arrivabene. Mi sembra ci sia un'attenzione più generale verso la società, forse Agnelli dopo tanti anni ha imparato a fare il presidente-proprietario anche se non lo è. Questo di Dybala però è un inizio e non possiamo giudicare una nuova via così, dobbiamo aspettare nuovi fatti".
C'è una tendenza a non spingersi oltre certe soglie?
"Il grande debito del calcio è quello di alcune squadre. Poi viene chiamato debito del calcio perché fa comodo, ma sono cinque-sei squadre. Inter, Roma e Juventus hanno 1,6 miliardi di debiti solo loro. Le piccole società hanno piccoli debiti e non è un caso che fossero state le big italiane a cercare di scappare in Superlega, finanziandosi assieme in un torneo dove vincere era molto meno importante e il cui vero scopo era economico".