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Sonetti: "Mancanza di continuità della Roma? Poca personalità da parte di qualche giocatore"

di Marco Rossi Mercanti

Nedo Sonetti, ex tecnico del Cagliari, è stato intervistato dall'AS Roma Match Program. Ecco le sue dichiarazioni:

I suoi nipoti la costringono a fare il nonno, Sonetti?
“Al momento sembra così… (ride, ndr). Ma, guardi, non è tanto questione di allenare. Ho diretto tante squadre in carriera. Non mi dispiacerebbe tornare a dare una mano in qualche società, anche non di primo piano. Non necessariamente dalla panchina, pure come semplice consulente. In fondo ho tanta esperienza maturata in questo sport. In ogni caso, non mi lamento. Mi fanno fare il pensionato, ma non mi propongo a nessuno. Chi vorrà cercarmi, può farlo tranquillamente. Mi fa piacere che mi abbia cercato lei, per parlare di pallone”.

È un piacere. Segue ancora il calcio con attenzione?
“Il calcio resta la passione più grande della mia vita. E in televisione vedo tutto, quante più partite possibili di Serie A e Serie B. Ma pure calcio inglese. Mi piace molto lo spirito della Premier League”.

Fa riferimento all’intensità in campo delle squadre britanniche?
“Sì, esattamente. Giocano tutti ad una velocità molto alta, con lealtà. Il campionato inglese è sempre stato un riferimento per me, negli Anni 80 andai a Londra a studiare alcune squadre e da quell’esperienza portai a Coverciano un concetto che ancora oggi è molto utile e tramandato tra i vari tecnici”.

Ovvero?
“La pressione alta degli attaccanti sul portiere. Un principio tattico che oggi si vede in praticamente tutte le squadre, ma allora era innovativo”.

Quanto conta la tattica nella sua idea di calcio?
“Sicuramente ha un peso, ma non è il primo concetto che cerco di trasferire ai calciatori. Per me viene prima la personalità. Un giocatore deve essere consapevole dei propri mezzi, deve sapersi prendere responsabilità e credere in quello che fa. Una volta mentalizzato il ragazzo in questa direzione, si passa all’aspetto tattico”.

C’è qualche principio moderno di gioco che non la convince?
“La difesa a zona sulle situazioni di gioco da fermo. La Roma ha preso un gol l’altra sera contro l’Inter da calcio d’angolo proprio non difendendo a uomo, in occasione del raddoppio dei nerazzurri. Icardi ha colpito di testa in area quasi indisturbato. Sia chiaro, si può prendere gol anche con il difensore sull’attaccante, come è successo centinaia di volte in passato, però con l’atteggiamento a zona è più facile esporsi a dei pericoli”.

Quanto al movimento degli allenatori, che evoluzione vede in Italia?
“Beh, se devo essere sincero, noto un andazzo che non mi convince. Non si può arrivare in Serie A dopo uno o due anni di squadre giovanili. È successo più di una volta negli ultimi dieci anni. Io sono partito dal basso e prima di arrivare in Serie A ci ho messo tempo. Manca la gavetta”.

È una diretta conseguenza del “Guardiolismo”.
“Però Guardiola è un innovatore e un grande allenatore. È vero che è partito dalla prima squadra dopo una breve esperienza col Barcellona B, però poi ha vinto tutto e proposto un calcio sempre molto interessante e produttivo”.

Di Francesco le piace?
“Mi piace, sì. Ho avuto la fortuna di conoscere Eusebio anche da calciatore nell’ultimo anno dell’Ancona in Serie A. Era la stagione 2003-2004. È sempre stato un ragazzo curioso, si informava sui metodi di allenamento e su tutto quello che lo circondava. Non mi sorprende che abbia avuto successo come tecnico”.

La Roma di Eusebio è arrivata in semifinale di Champions League.
“Ed è stato un grande traguardo. Però la Roma di quest’anno, a volte, mi ha lasciato perplesso in alcune occasioni. Alterna momenti di grande calcio ad altri di inspiegabile discesa”.

Da tecnico, s’è dato una spiegazione a questa mancanza di continuità dei giallorossi?
“Veniamo al discorso di prima, alla personalità di qualche giocatore. Evidentemente, alcuni la devono ancora maturare completamente. Devono prendere totale consapevolezza per trovare un rendimento in linea. E con una squadra di giovani è una cosa che può succedere. Ed è un peccato perché la Roma ha una rosa di ottimi giocatori. Davvero”.

Cagliari, per lei, cosa ha rappresentato?
“Una tappa importante della mia carriera, tanto da tornarci tre volte. Ho fatto belle cose, in particolare nella stagione 2005-2006 con giocatori di livello come Suazo, Esposito, Langella, Daniele Conti. Suazo superò i gol di Gigi Riva in un solo campionato. Lui ne segnò 22, contro i 21 di Riva. Pure in quell’occasione, lavorai tanto con i calciatori cercando di convincerli delle loro potenzialità e tirarono fuori il meglio di loro”.

Con Cellino – allora presidente – che rapporto ha avuto?
“Lasciamo stare, stendiamo un velo pietoso… Ecco, con lui non tornerei a lavorare. Ho già dato”.


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