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Totti, luci ed ombre con i mister della Roma

di Massimo De Caridi

 Abbiamo riciclato il vecchio catenaccio”.. Francesco Totti ha così commentato la sconfitta di Monaco col Bayern. La Roma, all’esordio in Champions League, ha pensato esclusivamente a non prenderle, affacciandosi solo 2-3 volte nell’area di rigore avversaria. Giocare in questo modo è francamente difficile ed il capitano giallorosso è uscito allo scoperto per dire pubblicamente che dissente dall’atteggiamento avuto da mister Claudio Ranieri all’Allianz Arena. Il problema non riguarda la sostituzione a 10’ dalla fine che fa seguito a quella di Cagliari dopo l’espulsione di Burdisso. Il capitano vorrebbe sempre vedere una Roma propositiva, magari si può anche perdere in Germania con i vicecampioni d’Europa, ma cercando di giocarsela sino all’ultimo senza timore dell’avversario. Non è la prima volta, nella lunga carriera di Totti, che ci sono delle discussioni con i vari allenatori. Quando era molto giovane, l’allora tecnico romanista, Carlos Bianchi, lo voleva mandare in prestito alla Sampdoria, parlando di immaturità del ragazzo e dichiarando di volere un giocatore più esperto come Yari Litmanen. Per fortuna vi fu un triangolare nel quale il numero 10 romanista ( allora aveva il 17) dimostrò il suo valore ed il compianto presidente Franco Sensi ne bloccò la cessione. Poi arrivò Mazzone, divenuto il suo padre putativo, che adorava Totti e lo proteggeva dagli umori della piazza. Poi arrivò Zeman: tra i 2 fu amore a prima vista. Ancora oggi il boemo quando parla del capitano della Roma lo fa con affetto.

La carriera di Totti, grazie a lui, svoltò definitivamente: migliorò incredibilmente da un punto di tattico, atletico e comportamentale. Divenne il capitano giallorosso e con Capello riuscì anche a vincere lo scudetto. L’allenatore friulano portò a Trigoria una mentalità ferrea ed un’impostazione di gioco completamente diversa da quella del precedente trainer. Meno bel gioco, ma giocatori migliori e concretezza. Inizialmente tutto andò bene tra Capello e Totti, ma poi, avendo entrambi un carattere forte, iniziarono le scintille e le polemiche. L’addio di Capello coincise con un anno difficile per tutti e Totti, insieme a Cassano e Montella, salvò la Roma dalla serie B. Quindi arrivò Spalletti.

Nei primi anni, il rapporto sembrava essere un po’ quello che c’era tra il capitano giallorosso e Zeman, ma anche lì qualche frase sbagliata del mister di Certaldo, l’appuntamento con i dirigenti del Chelsea e qualche risultato negativo di troppo, guastarono tutto, sino all’inevitabile addio. Con Ranieri, lo scorso anno erano tutte rose e fiori. L’ex allenatore juventino aveva ridato quelle motivazioni perse con il precedente mister e da un punto di vista tattico la squadra era più solida in difesa, più compatta a centrocampo ed aveva mantenuto la mentalità spallettiana in avanti. In questa stagione invece, sin dal ritiro di Riscone, ci sono diverse cose che non vanno nel giusto modo. Ranieri lo ripete da più di un mese ma non riesce a trovare la soluzione, Totti vorrebbe che la squadra entrasse in campo senza paura e da vero leader lo esterna, cercando di dare una scossa ai compagni ed allo stesso mister.


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