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Amarcord - 2003, Amantino Mancini diventa il Tacco di Dio

di Gabriele Chiocchio

Nuovo appuntamento con il viaggio nel tempo di Vocegiallorossa.it, che ogni mercoledì ripercorrerà eventi accaduti nel passato nella settimana di riferimento. Quest’oggi si torna a undici anni fa, vale a dire nel 2003.

È la settimana del derby, un derby di alta classifica visto che la Roma, reduce dal successo sulla Reggina, è terza a quota 18 punti, mentre la Lazio, corsara a Udine, è indietro di sole due lunghezze. Per entrambe c’è un intermezzo europeo: di Champions League per i biancocelesti, che giocano un piccolo anticipo della stracittadina contro il Chelsea di Claudio Ranieri, che però passeggia all’Olimpico vincendo 4-0, di Coppa UEFA per i giallorossi, che sempre all’Olimpico faticano un po’ ma alla fine hanno la meglio per 1-0 contro l’Hajduk Spalato grazie a un gol di Antonio Cassano, con la qualificazione al terzo turno che arriverà venti giorni dopo.

Dunque due giorni di riposo in meno per la Roma, che è anche priva per un infortunio (evento che diverrà consuetudine col passare degli anni) di Cristian Chivu, e che, di fatto, è la stessa della disastrosa stagione passata. A destra nel 3-4-1-2 di Capello però non c’è più Cafu, trasferitosi al Milan a parametro zero, ma un altro brasiliano, un ventitreenne scoperto da Franco Baldini, che lo acquista dall’Atletico Mineiro e lo gira in prestito al Venezia. Il suo nome è Alessandro Faiolhe Amantino, ma sulla maglia, come molti giocatori verdeoro, mette il suo soprannome: Mancini, come Roberto, tecnico della Lazio e firma di diversi dispiaceri giallorossi fin dalla giovane età. Basti pensare che la prima sconfitta del campionato 1982/1983, quello del secondo tricolore, contro la Sampdoria, porta il suo nome.

La gara è equilibrata e le due squadre si alternano nel mantenimento del pallino del gioco, ma nessuna delle due crea occasioni di particolare rilievo. I due tecnici provano a cambiare qualcosa con le sostituzioni, ma non sono né Carew, né Albertini a migliorarla. Come nel più classico dei luoghi comuni, solo un episodio può spostare l’incontro dai binari dello 0-0, e la sorte vuole che sia proprio Mancini - Alessandro - a regalare la gioia più grande ai tifosi della Roma: calcio di punizione dal lato corto dell’area di rigore battuto basso da Cassano e il numero 30 batte Sereni sorvolando il pallone e colpendolo con quel tacco che aveva reso celebre il suo omonimo in piedi davanti alla panchina avversaria. Il raddoppio di potenza di Emerson serve solo ad arrotondare il punteggio di una partita che resterà nella memoria come quella del Tacco di Dio, com’era stato soprannominato Mancini dai tifosi giallorossi.


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