Dal 3-4-2-1 al 4-2-4: tutte le metamorfosi della Roma di Andreazzoli
Negli ultimi due anni i tifosi della Roma erano stati abituati ad uno strenuo integralismo tattico dei due tecnici che si sono succeduti alla guida della squadra giallorossa. Con Luis Enrique prima e con Zeman poi, l'atteggiamento della squadra non poteva prescindere, salvo rarissimi casi, dal modulo di gioco e dai compiti fissati dal tecnico. Con l'arrivo di Andreazzoli, gli uomini in campo sono spesso stati disposti in tanti modi diversi, per cercare di far fronte a diverse esigenze tattiche.
L'esordio di Andreazzoli con la Sampdoria ha visto il passaggio alla difesa a 3, con praticamente tutti gli uomini offensivi schierati in campo: Lamela e Marquinho sulle fasce, Pjanic e Totti alle spalle di Osvaldo in un 3-4-2-1 forse un po' squilibrato col quale la Roma cade incassando una delle tre reti proprio sulla fascia presidiata dal Coco. Sei giorni dopo arriva la Juventus e il tecnico applica i correttivi: il modulo resta immutato, ma Lamela prende il posto di Pjanic sulla trequarti, col bosniaco regista accanto a De Rossi e Torosidis a occupare la fascia destra, garantendo maggiore equilibrio grazie anche alla protezione di Piris, schierato a destra nel pacchetto a 3. Arriva così la prima vittoria e questo assetto viene riproposto anche a Bergamo (con Marquinho avanzato vista la squalifica di Totti e sostituito da Balzaretti a centrocampo) e contro il Genoa, partite in cui arrivano altri 6 punti.
Con i rossoblu Osvaldo però delude, e con Destro infortunato Andreazzoli non vuole rischiare. A Udine viene quindi creato una sorta di ibrido tra il 3-4-2-1 delle precedenti gare e il celebre 4-2-3-1 forgiato insieme a Spalletti, con Totti falso nueve, Lamela e Florenzi alle sue spalle e Perrotta in mediana, pronti ad inserirsi. Con questo modulo arrivano il pari contro i bianconeri e la vittoria contro il Parma, partita in cui l'ex tattico di Spalletti effettua una nuova variazione riproponendo Lamela largo a destra come nella gara d'esordio e ottenendo un buon riscontro che vale la riconferma dell'impianto anche a Palermo, dopo la sosta.
Ma in Sicilia non funziona praticamente nulla, con Lamela che non riesce a pungere, gli spazi per gli inserimenti che non si aprono e la Roma che torna a perdere. Il derby è alle porte e urge una nuova soluzione: per Andreazzoli tre centrali sono troppi contro il solo Klose, dunque si ritorna a 4 in difesa, con un centrocampo muscolare e Pjanic schierato trequartista alle spalle di Lamela e Totti. Questo assetto però delude, giacché la Roma fatica a creare occasioni e a prendere in mano il gioco almeno fino all'ingresso di Destro, che restituisce Pjanic al centrocampo in un 4-3-1-2 più classico, che però viene subito riposto nel cassetto.
A Torino infatti, almeno sulla carta, la Roma torna all'antico, schierandosi con un 4-3-3 che però dura una manciata di minuti. I giallorossi dopo pochi minuti mostrano infatti un inedito 4-1-4-1, con Bradley schermo davanti alla difesa e Lamela, Perrotta, Pjanic e Dodò alle spalle di Osvaldo. Nel secondo tempo, l'ingresso di Totti per il bosniaco muta nuovamente il canovaccio tattico, visto che il Capitano si affianca al numero 9 e Perrotta arretra accanto a Bradley per dar vita praticamente a un 4-2-4 speculare a quello degli uomini di Ventura, reso più equilibrato con l'ingresso di Florenzi al posto di Dodò.
Dal suo arrivo, Andreazzoli ha proposto quindi cinque moduli diversi, cercando di volta in volta di adattarsi all'avversario di turno. Non senza commettere errori, ma dimostrando quella duttilità mancata, a volte colpevolmente, ai precedenti tecnici giallorossi. E soprattutto, ottenendo punti: con quelli di Torino sono 17 in 9 gare, un cammino che ha restituito alla Roma la ragionevole speranza di entrare in Europa dal campionato. Di questi tempi, roba non da poco.