Due macigni da reggere solo con la testa
Fonte: Redazione Vocegiallorossa - Danilo Budite
Dopo un periodo nero che sembrava non dover finire più, due vittorie consecutive in casa hanno riportato il sole su Roma. I giallorossi hanno battuto 1-0 il Gent, vittoria preziosissima per dare un cenno di svolta, e soprattutto il Lecce, fornendo finalmente una grande prestazione. Tanti sorrisi ritrovati, dal gol di Ünder alla prestazione egregia di Mkhitaryan, passando per il solito Dzeko e un ritrovato Veretout. C'è però chi continua a non sorridere e pare rimasto al turbinio di emozioni negative di appena una settimana fa. Si tratta di Lorenzo Pellegrini, uscito tra i fischi contro il Gent e sostituito a fine primo col Lecce, per motivi fisici, ma l'occasione di ricamo su questo cambio è stata colta al volo. Nel momento di crisi da cui la Roma sta cercando di uscire Pellegrini è stato un po' l'esempio della trasformazione della Roma: da bella e concreta nel 2019 a sfiduciata e anonima nel 2020. Lo stesso si può dire del numero 7 giallorosso, rimasto fermo a quella prestazione da stropicciarsi gli occhi a Firenze, nell'ultimo match dello scorso anno, non pervenuto invece in questo 2020, eccezion fatta per la doppietta di coppa contro il Parma.
L'impressione è che dietro questo calo di Lorenzo Pellegrini ci sia una questione di fondo ben più grande, rappresentativa dei limiti del giocatore. Anche quando tutto girava per il verso giusto, il grande ostacolo per il 7 romano è sempre stato il salto di qualità da fare quando l'asticella inizia a salire. Nei match importanti, contro le big o in momenti cruciali, Pellegrini ha spesso fatto fatica, mostrando tutti i suoi limiti caratteriali. Viene in mente la prestazione contro la Juventus, o ancora la prova anonima a Milano contro l'Inter. Insomma quando la pressione sale, Pellegrini scende. In un momento di pressione al massimo, con la squadra che non girava e non riusciva a fare risultati, sono emersi con maggiore forza, proporzionata alla difficoltà della situazione, i limiti mentali di un ragazzo dalle qualità spiccate, ma dalla testa forse ancora non prontissima. Gravose le responsabilità su di lui, ci si aspettava che trainasse la squadra fuori dal vortice oscuro e invece è stato tra i primi a finirci. Ma oltre ai sopracitati limiti conclamati, ci sono anche altri due fattori di questo inizio 2020 che hanno contribuito a far schizzare alle stelle la pressione intorno a Lorenzo Pellegrini.
Il primo è sicuramente il brutto infortunio occorso a Nicolò Zaniolo. Il 22 e il 7 sono stati bollati da inizio anno come gli enfants prodiges di questa Roma, i due super talenti, rigorosamente italiani e rappresentativi, in grado di far fare il salto di qualità alla squadra. E in realtà così è stato per la prima metà della stagione, con l'esempio di Fiorentina-Roma che contiene la summa della potenza distruttiva dei due ragazzi d'oro giallorossi. Poi la dea bendata ha tolto un fattore dall'equazione, lasciando Pellegrini a sostenere da solo il peso delle aspettative. E quel peso Lorenzo non lo ha retto. Senza Zaniolo doveva essere il protagonista assoluto di questa Roma, ma il lavoro che si fa in due è difficile sostenerlo da soli. A livello mentale questo infortunio ha pesato tanto, Pellegrini è diventato l'unico a poter fare la differenza nell'immaginario collettivo, oltre ovviamente al solito Dzeko, membro a priori nel pantheon giallorosso. L'aspettativa divisa due in partenza, su uno solo, ha gravato troppo, schiacciando un Pellegrini anonimo e inefficace, bloccato mentalmente.
Fattore numero due, la partenza di Florenzi. Il primo inverno del decennio ha tolto un altro romano ai giallorossi, l'ultimo capitano prodotto dalla città eterna, segnando una svolta epocale con la fascia a Edin Dzeko, romanista d'adozione ormai, ma non di nascita. Con la partenza di Florenzi, Lorenzo Pellegrini è rimasto l'ultimo romano in rosa, con tutto il carico di significati che ciò comporta. L'ultimo erede di una tradizione prestigiosa, incoronato direttamente dal capostipite di questa dinastia, Francesco Totti, che più volte ha speso parole al miele per il 7 giallorosso. Anche questo peso, prima diviso in due e ora appannaggio esclusivo di Pellegrini, ha finito per pesare sul giocatore, sormontato da due macigni difficili da sostenere, soprattutto per uno come lui. Certamente i fischi di giovedì scorso non avranno aiutato, spregevoli spettri della sorte toccata a Florenzi. Da qui l'esigenza di difenderlo, di aiutarlo a sostenere questi pesi gravosi.
Il tutto in un momento collettivo nero. Questo mix tra limiti personali e blackout collettivi ha costituito una bomba, esplosa nel periodo mediaticamente peggiore per il giocatore, ma alla fine nell'unico in cui poteva scoppiare. La testa viene però bilanciata dai piedi e quelli sono pieni di talento. Lorenzo Pellegrini è un giocare tecnicamente sopra la media, nella Roma e nel campionato, deve diventarlo anche mentalmente per poter fare la differenza. Per essere l'enfant prodige nell'attesa del ritorno di Zaniolo, per essere l'erede della tradizione romana e romanista. L'ultimo step è quello mentale e non c'è momento migliore per farlo. Riuscire a superare un periodo del genere darebbe tantissima forza al ragazzo e costituirebbe un precedente, a cui guardare quando la testa non vuole saperne di reggere certi macigni.