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La Roma di Garcia e l'ossimoro Destro

di Luca d'Alessandro

È inutile girarci intorno, nella Roma di Garcia, Mattia Destro è un giocatore fuori luogo, una sorta di ossimoro: sono spesso incompatibili e uno di essi ha sempre funzione determinante nei confronti dell’altro, tale da creare un originale contrasto. Già, perché numeri alla mano, a Destro si può imputare poco o nulla. 5 gol su 7 gare in cui è partito titolare lo rendono di gran lunga il miglior marcatore a disposizione della rosa di Garcia. E allora cos’è che fa sì da relegarlo spesso in panchina e vederlo in campo per qualche scampolo di partita e mai titolare nei match importanti? Da dove nasce questa incompatibilità, dichiarazioni di facciata a parte? C’è un contrasto di natura tattica. La Roma di Garcia non prevede un centravanti statico d’area di rigore. Spesso e volentieri la prima punta la fa Gervinho, un’ala, o Totti, professione fuoriclasse. Anche a Palermo per brevi tratti ci ha giocato Iturbe. Con Destro centravanti, Garcia dovrebbe ridisegnare non tanto il modulo della Roma, un modulo non è il Santo Graal, ma dovrebbe rivedere il suo modo di intendere il calcio, e la propria idea, specie se supportata dai risultati, è una delle cose più difficili da rivedere. Servirebbe una Roma che giochi per Destro perché, per le proprie caratteristiche, Destro non deve giocare al servizio della Roma. Impressionante in area di rigore, sprecato se costretto a rincorrere l’uomo sulla fascia o giocare largo. Non è un caso che con l’attaccante di Ascoli Piceno, gli altri due compagni di reparto e i centrocampisti fatichino a giocare bene, i primi, e ad accompagnare l’azione, i secondi, col risultato di una squadra molto più lunga. Con Totti invece avviene il contrario, meno profondità e più coralità nella manovra. Nel bene o nel male è quest’ultima soluzione tattica, la scelta di Garcia per la sua Roma (lo dimostrano anche i nomi che si fanno in caso di un’eventuale cessione di Destro).


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