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Prova da dimenticare, Dodò resta ancora una meteora

di Alfredo Garofalo

E’ stata la novità della serata di ieri. All’annuncio delle formazioni, il nome di Dodò, pronunciato dallo speaker dell’Olimpico, ha stupito il pubblico di fede giallorossa preparato ad un match difficile come quello contro il Chievo dell’arcigno Corini. Mister Andreazzoli, invece, dopo le fatiche di Firenze di soli tre giorni fa, in nome del turnover, spiazza tutti giocandosi la carta del terzino sudamericano. Una mossa ardita per alcuni; un azzardo secondo altri.
In una gara complicata come quella contro i gialloblu, infatti, sono molti a chiedersi se non sarebbe stato più saggio affidarsi a giocatori ben più affidabili o comunque più pronti rispetto all’ex laterale del Corinthians impiegato, fin qui, solo in alcuni spezzoni di partita. L’utilizzo di Marquinho, è l'interrogativo comune, non avrebbe garantito maggiore fosforo sulla sinistra oltre che una buona predisposizione al gol? Non un difetto, tra l’altro, considerando l’atteggiamento ultra difensivo dell’avversario. Non c’è voluto molto a capire che tutti i dubbi relativi al suo impiego in avvio di partita, si sono trasformati in solide certezze col passare dei minuti. Ben novanta, quelli concessi da Andreazzoli al suo difensore.
Dodò non ha ripagato nella giusta misura la fiducia riposta in lui dall’allenatore che, alla fine della fiera, la sua scommessa l'ha ampiamente persa insieme alla posta in palio ieri sera. Il giocatore, infatti, ha deluso ampiamente alternando cose buone (poche) a cose molto meno buone (molte).
Subito sono apparse chiare le sue mansioni: Andreazzoli lo posiziona sulla linea dei centrocampisti con un’incombenza ben precisa nello scacchiere giallorosso. Con i veneti chiusi a riccio davanti alla porta di Puggioni, il suo compito è quello di allargare le maglie gialloblu per favorire le incursioni centrali delle bocche di fuoco lì davanti: Totti, Osvaldo e il redivivo Destro . La missione fallisce malamente: dal versante di sua competenza non giungono mai pericoli seri. Uno spunto allo scadere del primo tempo, con un tunnel strappa applausi nei confronti di un difensore clivense, ed una combinazione con Destro nella ripresa, che lo mette in condizione di battere a rete prima del provvidenziale intervento di Andreolli, sono il magro bilancio di un ragazzo di cui a Trigoria si continua a parlare un gran bene. Nel mezzo una serie di situazioni in cui Dodò pesca dal cilindro sempre la soluzione meno opportuna. La determinazione, in verità, non gli fa difetto. Si propone insistentemente in fase offensiva, approfittando dell’avversario rinunciatario, ma non riesce mai a farlo in maniera costruttiva. I suoi cross non trovano mai il giusto calibro: o non portano mai i compagni di squadra alla conclusione verso la porta o, peggio ancora, si infrangono sul marcatore di turno.
La percezione, consolidatasi, del resto, nell’arco dell’intero match, di essere al cospetto di un giocatore ancora acerbo per un campionato così complicato, è stata netta.  Dodò non è sembrato ancora pronto per una Roma di livello. Non si tratta, evidentemente, di una bocciatura per il calciatore classe ’92 che solo un anno e mezzo fa ha rischiato di concludere la carriera per un grave infortunio ai legamenti. Il terzino, indiscutibilmente, ha bisogno di rodare ancora. Sarà compito della dirigenza, di Sabatini e del prossimo allenatore stabilire se ciò debba avvenire ancora alla Roma o maturando un’esperienza altrove, magari in prestito.


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