Quando la passione è più forte della ragione: il ritorno di Franco Baldini alla Roma
“I tifosi dovrebbero trovare un po’ di incanto”, disse quel 20 marzo del 2005 seduto sul divano di Parla Con Me - programma televisivo condotto da Serena Dandini - mentre non si tratteneva nel definire Moggi e Galliani rispettivamente il Gatto Trasformista e il Diavolo, protagonisti del romanzo di Michail Bulgakov. Quattro giorni dopo, Franco Baldini si dimise dalla Roma. Il suo ruolo era quello di direttore sportivo, ma il comunicato stampa che ne confermava le scelte lo liquidò come un semplice consulente di mercato, incurante di ciò che aveva rappresentato la coppia Sensi-Baldini per la Roma campione d’Italia e non solo.
Il giorno dopo le dimissioni, Baldini si congedò da Roma e dall’Italia nella sala Tre Fontane dell’Hotel Sheranton, ben lontano da Trigoria, suo posto di lavoro per sei anni, sin da quando Franco Sensi lo volle al suo fianco. Allora spese belle parole verso il presidente del club: “In ogni caso lo ringrazio. Sono stati anche i suoi principi saldi a formarmi”, poi si allontanò dall’Italia e dal calcio che la rappresentava. Dopo un periodo lontano dal pallone, sbarcò a Madrid, dove ricoprì il ruolo di segretario tecnico, scovando talenti come Gago ed Higuaìn e portando il club spagnolo a vincere il campionato. Poi via alla volta di Londra, dove invece diventò General Manager della Federazione inglese. Due compiti importanti che gli permisero di diventare uno degli uomini più importanti d’Europa, ma che gli consentirono anche di conoscere uno sport diverso e due culture ben distinte da quella italiana vissuta fino a quel momento.
Già a gennaio di quest’anno, il suo nome e quello di Walter Sabatini furono accostati alla nuova Roma che stava nascendo: il club era da poco passato nelle mani di UniCredit e si apprestava ad attraversare un periodo molto intenso, fatto di trattative serrate, di nuovi assetti societari e di ristrutturazione sul piano tecnico. Quei nomi furono colti da molti - ma non da tutti - come conferma della solidità del progetto americano che avrebbe acquistato la maggioranza delle quote della Roma: ripartire da Franco Baldini per far tornare grande una squadra che avrebbe sempre lottato per la vetta. Questo il messaggio degli americani, queste le speranze dei tifosi a cui rispose con non poco imbarazzo: "Arrivo come uno che sulla carta può risolvere chissà quali problemi e magari mi confronterò col fatto di non farcela. Sarei bugiardo a dirmi che questo non mi fa paura, ma me ne farò una ragione".
Uno dei giorni che più caratterizzò questa nuova era, fu il 17 giugno scorso, data assolutamente non casuale che ricorda uno dei momenti più importanti degli ultimi anni giallorossi: lo scudetto di dieci anni prima. Appuntamento allo Studio Tonucci, incontro tra la vecchia e la nuova dirigenza allo scopo di tracciare le linee guida della rivoluzione già in corso. Presente, tra gli altri, un Baldini non ancora ufficializzato a causa del suo contratto in essere con la Federazione Inglese. Il futuro direttore generale si presentò davanti ai cronisti dicendo poche parole, ma facendo una promessa: “Tra pochi giorni saprete tutto”. I giorni diventarono ventisette e il 14 luglio, Thomas DiBenedetto convocò una conferenza stampa per presentare la società e il nuovo allenatore, Luis Enrique. In quella sede venne ufficialmente annunciato il ritorno di Franco Baldini a partire dal mese di ottobre, dopo la qualificazione della nazionale inglese agli europei del 2012.
Duemila e quattrocento giorni dopo il suo arrivederci, quello che si presenta alla guida della Roma il 19 ottobre è un uomo nuovo, con qualche capello bianco in più, ma con la stessa passione e determinazione di allora. “Perché sono tornato? Non c'era una ragione per cui lasciare la qualità della vita di Londra e il lavoro che avevo, soprattutto per tornare in un posto dove tutti sono contro tutti, come qui. Ho detto di sì e basta”, queste le sue prime parole durante la conferenza stampa del 21 ottobre scorso. Una conferenza rimandata di un giorno a causa di un vero e proprio nubifragio abbattutosi sulla Capitale: “Forse solo una pioggia che laverà via tutto quello che non doveva esserci più”, dirà poi.
IDEE CHIARE - Sin dal suo ritorno, Baldini ha dovuto imbattersi in ciò che è Roma: una piazza calda, una piazza piena di passione, una piazza che sa dare tantissimo, ma una piazza che sa anche togliere ed amplificare ogni cosa. Il suo obiettivo principale è quello di trasmettere il meglio ottenuto dalle esperienze all'estero in Spagna ed Inghilterra, un mix tra passione e rigore, come ha spiegato recentemente,"un calcio depolemizzato, meno polemiche e più serenità. Magari un giorno si andrà allo stadio come si va alla sagra paesana. Se riusciamo a rendere lo stadio un posto dove non c'è pericolo e polemica, poi tutti si adatteranno. Non bisogna fare proclami, basta fare piccoli passi. Anche lo Sportello del Tifoso va in questa direzione, chiediamo ai tifosi cosa dovremmo migliorare". E proprio i tifosi sono il suo confronto, ma anche gli interlocutori a cui dover rendere conto: "I tifosi non siamo noi che lavoriamo, noi siamo gente che vuole il massimo dal suo lavoro. Il tifoso vero è quello per il quale il tifo è un costo, sia in termini economici che emotivi. Se vinciamo la partita sono il primo tifoso e se la perdiamo sono il primo ad abbattermi, ma è una cosa personale". Due segnali lampanti dell'impronta data da Baldini furono, senza ombra di dubbio, la questione dei biglietti omaggio per le partite - "E' difficile spiegare alla proprietà americana dove non c'è la cultura del biglietto omaggio, per esempio. Io non ne avrò nemmeno uno", una delle prime cose dette in conferenza - e la scelta di rinunciare alle proposte economiche relative al suo compenso: "Loro mi avevano offerto un milione, ma ho risposto che era troppo. Vorrà dire che meriterò di guadagnare di più nel tempo", ha affermato poi.
TOTTI E LA "PIGRIZIA" - Il primo problema da affrontare in ordine cronologico fu il caso mediatico conseguente ad una frase rilasciata al quotidiano La Repubblica di luglio: “Totti? Deve liberarsi della sua pigrizia e di chi usa il suo nome, anche a sua insaputa”. Apriti cielo. E che importa se Baldini lo avesse definito pochi anni prima “il miglior giocatore in attività”, che importa se a più riprese era stato detto che il nuovo corso si sarebbe centrato proprio sul capitano giallorosso. Si può discutere sulla tempistica di quelle affermazioni certo, ma il contenuto fu usato ed enfatizzato come ha ammesso lo stesso Totti pochi giorni fa: “E’ stato tutto strumentalizzato. Il chiarimento è durato trenta secondi, con lui ho avuto un buonissimo rapporto e ce l’ho tuttora”.
LA SCELTA DI LUIS ENRIQUE - “E’ un’idea di gioco che richiede tempo”, questo il messaggio lanciato da più parti sin dall’inizio del campionato: un gioco completamente da impostare, undici nuovi calciatori ed un mister non contaminato dalla Serie A italiana hanno rallentato i risultati della squadra, ma ciò era chiaro - e dichiarato - fin dall’inizio. Non è semplice ricostruire quasi tutto in pochi mesi, eppure i tifosi hanno mostrato pazienza, nonostante tutto. “Hanno il diritto di non essere contenti”, disse Baldini dopo la sconfitta della Roma a Firenze, il momento più brutto di questa stagione. In quell’occasione il futuro di Luis Enrique sembrava un’incognita: l’ambiente si aspettava un cambiamento, una presa di posizione, che non tardò ad arrivare: “Non ci sono dubbi sulla guida tecnica. C'è bontà in quello che stiamo portando avanti, ma i risultati fanno male”, le parole del direttore generale dopo la gara. Avanti tutta, dunque, avanti con la scelta che lo stesso Baldini aveva fatto mesi prima, avanti con quel mister spagnolo che lo aveva tanto impressionato per idea di gioco sì, ma anche per l’idea di fare calcio fuori dal campo. “Mi ha detto che non avrebbe mai parlato degli arbitri. È una persona meravigliosa e ha un grande ascendente sui giocatori e con qualità e rispetto si è guadagnato la loro fiducia”, ecco ciò che disse quando gli chiesero il perché della scelta di Luis Enrique. I fatti gli hanno dato ragione e dopo aver toccato il punto più basso a Firenze, la Roma ha iniziato a spiegare le proprie ali, vincendo in un campo difficile come quello di Napoli, pareggiando con la capolista e portando a casa tre punti nell’ultima trasferta a Bologna.
OSVALDO - Altro, ma non ultimo, punto spinoso con cui si è confrontato Baldini fu il caso Osvaldo, ma anche in questa circostanza i dirigenti giallorossi circoscrissero il problema, intervenendo immediatamente davanti alle telecamere per fare chiarezza sull’accaduto: “C'è stato un gesto di mancanza di rispetto da parte di Osvaldo nei confronti di un compagno e questo gesto sarà sanzionato, come richiesto dal tecnico”: una giornata di squalifica e tutto rientrato, con buona pace di chi ci vedeva ben altro dietro.
SOCIETA' - E che dire delle voci su un presunto ridimensionamento nella posizione di Thomas DiBenedetto a poche ore dal big match contro la Juventus? Anche in quel caso fu tempestiva la risposta di Baldini: “Gossip infondato”. Semplice e diretto, ovviamente dopo il termine della gara, cosa ben più importante che smentire voci prive di fondamento.
DE ROSSI - Ora Baldini ha davanti a sé un altro problema da affrontare: il rinnovo del contratto di De Rossi. Da un lato la voglia e la - comprensibile - impazienza di tifosi che desiderano vedere al più presto concluso un capitolo troppo importante per la Roma. De Rossi rappresenta il presente ed il futuro, la bandiera a cui andrà la fascia da capitano quando, tra cento anni, Totti diventerà dirigente. Dall’altra parte, invece, una trattativa non semplice: le ambizioni di un ragazzo cercato dai migliori club d’Europa che si scontrano con le emozioni e le scelte di cuore che lo spingono a restare nella squadra di cui è tifoso. Tutto condito da tanta (troppa?) pressione, con tutti che ripetono in ogni occasione la solita domanda: “A che punto siamo con il rinnovo?”.
Tutto esagerato, tutto amplificato, nel bene e nel male, ma Baldini lo sa e probabilmente è stato proprio questo il valore aggiunto che ha deciso il suo ritorno. Una situazione che, per quanto tu la conosca, ti porta a criticarla tanto quanto ad amarla, più la respingi e più ne sei attratto. “Roma ti devasta”, ha detto in una recente intervista, ma “credo talmente tanto in questo percorso che per me la storia del calcio italiano si chiude con la Roma. Non andrò mai in nessun altro club italiano. Inizio e finisco con la Roma. Non avrò altro Dio”. E se non è una dichiarazione questa...