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Spalletti cambia musica con Dzeko

di Gabriele Chiocchio
Fonte: Redazione Vocegiallorossa - Gabriele Chiocchio

16 gennaio 2016, Spalletti viene presentato ai media e, puntuale, arriva la domanda su Edin Džeko: “Io, se mi avessero chiesto chi avessi voluto come centravanti, avrei chiesto Džeko”. Parole inequivocabili, di assoluta stima per un giocatore arrivato a Roma con le stimmate del campione e reduce da un girone d’andata da comprimario. Il bosniaco era considerato un upgrade tattico rispetto a quello di cui il tecnico disponeva nella sua prima avventura a Roma: “Io ho sempre giocato dove la prima punta doveva tagliare dietro il centrale sul primo palo, perché se andava sul secondo non la prendeva mai, il gioco deve essere questo, prima c’era solo Francesco che aveva quella qualità, ora abbiamo anche Džeko. I miei colleghi a Coverciano la chiamano la palla passante, il taglio della palla sul primo palo e la rotazione sul secondo, la palla sembra che vada in rimessa laterale ma ora ho Džeko che è alto due metri e la prende”. Sembra tutto pronto per un rilancio del numero 9, che invece con l’Hellas Verona fallisce qualche occasione di troppo e, arrivato Perotti, finisce rapidamente fuori dai titolari prima per motivi fisici - contro il Sassuolo - poi per ragioni tattiche, con il falso 9 preferito in tutte le grandi partite e nella maggioranza dei casi. E in poco più di tre mesi, oltre a quello gerarchico, è cambiato l’approccio comunicativo che Spalletti ha nei suoi confronti: “Può stare tranquillo, se ho bisogno di lui lo userò, può darsi che sia o prima o dopo. È lui che deve farsi trovare pronto a questo punto, è lui che ci deve far vedere le sue qualità. Non andiamo più a usare giochi di parole o su quello che potrebbe essere, è una valutazione pratica, diretta”. “A questo punto” è la chiave di volta del ragionamento, come se il bosniaco si fosse giocato una serie di jolly e li avesse sprecati, rimanendo con possibilità limitate a queste ultime tre partite di campionato. Eppure, alle ultime quattro gare da titolare sono corrisposti quattro gol e due assist vincenti, e da due degli ultimi tre subentri di entità uguale o superiore ai trenta minuti sono arrivati il confusionario pallone finito poi a Nainggolan nel match con l’Inter e la rete del 2-0 nel derby contro la Lazio. La domanda è presto fatta: a cosa si può riferire la valutazione pratica, diretta citata da Spalletti? Non è certo risedendosi in panchina dopo un gol fatto che si lima la mole di errori sottoporta e l’ex Manchester City non si trasformerà, per quanto abbia caratteristiche che vanno al di là dell’aspetto realizzativo, nel centravanti di movimento dei sogni. Tutto lascia pensare che si possa parlare di un discorso caratteriale: riemergere dalle negatività non è stato assolutamente il pezzo forte di Edin Džeko e a dimostrarlo c’è la differenza di carisma, di presenza, di efficacia anche al di là delle reti segnate che l’attaccante ha messo in campo nelle prime partite della stagione e in queste ultime, tra l’esultanza rabbiosa del 2-1 segnato alla Juventus ad agosto o al gol di Modena contro il Carpi e gli occhi persi nel vuoto dopo l’errore di Bergamo (dove pure era già stato determinante fungendo da collegamento per il gol del vantaggio di Lucas Digne). “Il mio primo anno è stato un po' difficile di quello che mi aspettavo. Abbiamo diverse partite alla fine della stagione, dobbiamo finirla al meglio e sono sicuro che la prossima farò molto meglio”: Edin Džeko punta al riscatto il prossimo anno, ma che questa sia una possibilità che Spalletti abbia voglia di concedergli è tutto da dimostrare e i prossimi 270 minuti di campionato saranno determinanti per il suo futuro e per quello della Roma. “Džeko ci deve far vedere che è Džeko, perché non c'è più tempo”, il messaggio è forte e chiaro.


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