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Tim Cup: ecco perché la Roma giocherà a Firenze

di Gabriele Chiocchio

Dal momento in cui l'uomo ha deciso di porsi delle regole, in qualsiasi epoca e in qualunque ambito, tali regole sono state fissate per risolvere questioni potenzialmente tragiche, spiacevoli o quantomeno controverse. O, per lo meno, la base logica della costituzione di una regola dovrebbe essere tendenzialmente questa, una regola che complica la vita di chi la fissa ha poco senso di esistere.

E' notizia di oggi che la Roma, nonostante avesse il diritto di giocare il proprio quarto di finale contro la Fiorentina in casa giacché migliore testa di serie rispetto ai propri avversari (5 i giallorossi, 13 i viola), dovrà invece vedersela contro la squadra di Montella all'Artemio Franchi. Questo perché, secondo un paragrafo dell'articolo 3.7 del Regolamento della Tim Cup, se due Società che disputano le gare interne sul medesimo campo hanno concomitanza di gare dei quarti di finale in casa, la vincente della Competizione o, in subordine, la Società meglio classificata  in Campionato al termine della stagione precedente a quella in cui si disputa la Competizione mantiene il diritto di giocare in casa, mentre l’altra subisce l’inversione del campo. Una regola che, presa così com'è, sicuramente ha una sua logica pratica, ovverosia quella di impedire un conflitto tra due squadre che devono giocare una partita nello stesso giorno e nello stesso impianto, e una sua logica meritocratica, che obbliga chi peggio si è comportato nella stagione precedente a subire l'inversione, indubbio svantaggio se si considera che si parla di gare uniche ad eliminazione diretta.

Tutto dunque perfettamente lineare, se non fosse per un, decisamente poco trascurabile, dettaglio: prendendo in esame le ultime le ultime quattro edizioni della Coppa Italia, ovvero a partire dal cambio di formula datato 2008/2009, in nessuna di esse i quattro quarti di finale si sono giocati nello stesso giorno, ma sono sempre stati spalmati in tre o addirittura quattro pomeriggi o serate, per venire incontro alle strategie televisive di chi acquisisce i diritti di questa competizione. Viene dunque meno il problema pratico per cui il famigerato paragrafo del punto 3.7 dell'arzigogolato Regolamento della Coppa Italia è stato inserito.  E' dunque possibile, anziché imporre un'inversione di campo contraria a qualsiasi logica di seeding, distribuire le partite in giornate diverse - come tra l'altro è avvenuto negli ottavi di finale, composti da otto partite spalmate in questa edizione su cinque giorni, nei quali le romane e le milanesi, in qualità di teste di serie migliori rispetto alle loro avversarie, hanno giocato regolarmente all'Olimpico e al Meazza -, in modo tale da salvaguardare il principio, sottolineato anche dalla stessa Regola 3.7, secondo il quale la testa di serie migliore ha un vantaggio rispetto a quella peggiore.

Quasi sicuramente (certe sono poche cose) la Roma non si opporrà all'inversione del campo, giacché la Regola è stata fissata dall'inizio della competizione e, come ripetuto a più riprese da Franco Baldini nel corso della querelle legata a Cagliari-Roma, "le regole vanno rispettate". Inoltre, non essendo state ancora fissate le date e gli orari ufficiali (la data fissata a inizio stagione è il 9 gennaio, ma resta improbabile, visti i precedenti, che non vengano giocate gare anche in altri giorni) dei quarti di finale, è possibile che la Lega stabilisca che Lazio-Catania e Fiorentina-Roma si giochino nella stessa data, ad orari diversi, caso in cui sarebbe la situazione pratica ad adattarsi ad una regola creata per risolverla. Non il primo e non l'ultimo papocchio regolamentare di un calcio italiano che continua a strappare un sorriso a chi lo guarda da fuori, e non solo.


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