Che fine ha fatto - Perrotta: "Mi sarebbe piaciuto molto vincere qualcosa di importante con la Roma. Un gol da ricordare? La rete contro il Siena”
Fonte: Redazione Vocegiallorossa - Danilo Budite
Nato ad Ahston-under-Lyne, paesino in Inghilterra nei pressi di Manchester, Simone Perrotta muove i suoi primi passi nel mondo del calcio con la maglia della Reggina. All’età di cinque anni infatti dall’Inghilterra si trasferisce con la famiglia in Italia, nella provincia di Cosenza, e dopo alcune esperienze con delle squadre locali viene tesserato dalla società amaranto.
Veste la maglia della Reggina dai Giovanissimi alla Primavera. Entra nel club all’età di 13 anni e nel 1995, poco prima di diventare maggiorenne, esordisce in prima squadra nel campionato di Serie B. Dopo tre anni con i calabresi passa alla Juventus, squadra con cui esordisce in Serie A l’8 novembre 1998.
In bianconero Perrotta non trova molto spazio e dopo un anno va al Bari, dove vive due anni di buon livello. Nell’estate 2001 arriva il passaggio al Chievo Verona, fresco della storica promozione in Serie A, e con la maglia gialloblu vive tre stagioni da grande protagonista, segnando anche il primo gol della storia dei clivensi nella massima serie italiana.
Nell’estate 2004 arriva quindi la chiamata della Roma e l’inizio della grande storia d’amore tra Simone Perrotta e i giallorossi.
INIZIO DIFFICILE - Una storia che in realtà non parte nel migliore dei modi, come racconta il giocatore ai nostri microfoni: “La trattativa è stata lunga. I primi contatti ci sono stati prima di Euro 2004, poi abbiamo raggiunto l’accordo a giugno, ma la Roma doveva prima vendere un giocatore in rosa. La situazione si è protratta e a fine luglio hanno venduto questo calciatore e mi hanno preso. Io aspettavo con trepidazione questo passaggio, dopo tre anni al Chievo volevo mettermi alla prova in un contesto diverso. Tutto è stato molto bello, dalla presentazione all’arrivo, anche se quando sono arrivato mi hanno perso le valigie. Diciamo che il primo impatto non è stato bellissimo sotto questo punto di vista, ma arrivare a Roma e vestire la maglia della Roma era talmente bello che il fatto che mi avessero perso il bagaglio è passato in secondo piano. Ho firmato e ho fatto la presentazione con Matteo Ferrari. La squadra era in tournée all’estero, quindi fino a ferragosto mi sono allenato solo a Trigoria e poi mi sono unito al gruppo. Ci furono subito le dimissioni di Prandelli quindi la stagione non iniziò nei migliori dei modi, poi si è conclusa in modo non felice”.
L’impatto di Perrotta in giallorosso non è facile. Arriva in un contesto difficile: il famoso anno dei cinque allenatori. La Roma vive una stagione travagliata e l’ex Chievo fatica a inserirsi a pieno nella nuova squadra: “La prima stagione in giallorosso non è stata positiva, né a livello individuale né collettivo. Ho patito un po’ di situazioni negative, come tutta la squadra: ci sono stati 5 allenatori, ci siamo salvati alla penultima giornata a Bergamo. Non è stata una stagione positiva”.
Dopo un inizio così difficile, la storia tra Perrotta e la Roma poteva terminare in maniera davvero brusca e anticipata: “Nel ritiro successivo, quando è arrivato Spalletti, mi trascinavo alcune scorie, le contestazioni sulla squadra continuavano, soprattutto su di me. Ebbi una richiesta dall’Everton, io sono nato in Inghilterra e la Premier mi ha sempre affascinato. Da una parte vedevo la stagione appena conclusa, l’affetto dei tifosi che non esisteva, le loro accuse, e quindi ci ho fatto un pensiero anche perché l’Everton mi corteggiava con insistenza. Ferrari andò lì e il loro pressing fu ancora più forte, ma Spalletti mi chiamò nello spogliatoio e mi disse che non sarei andato via. Fu un attestato di stima inaspettato, quindi ho iniziato a lavorare col pensiero di cambiare le cose a Roma”.
LA SVOLTA - Dopo l’inizio complicato, l’avvento di Spalletti cambia tutto. Per la Roma e per Perrotta. Il punto di svolta avviene, come spesso capita nelle grandi storie, un po’ per caso. Per il convergere di alcuni segni del destino: “La prima parte di stagione non fu positiva, Spalletti rischiava l’esonero. Poi per un'emergenza mancavano gli attaccanti. C’era solo Totti. Prima del match di Genova con la Sampdoria il mister mi chiamò e mi disse che avrei giocato trequartista e ho subito chiesto dove giocasse Totti, e lui mi rispose che avrebbe giocato davanti. C’era un po’ di imbarazzo, dovevo ricoprire un ruolo mai ricoperto, solo qualche volta sporadica. La squadra non stava bene, io ero in un momento negativo e col nuovo ruolo non avevo certezze. Però l’ho presa con entusiasmo e ho sentito la fiducia del mister che in un momento delicato mi ha scelto. È andata subito bene, ho trovato un feeling con Totti, lui si abbassava molto da prima punta e mi potevo inserire negli spazi che creava. A Genova pareggiammo giocando bene, poi vincemmo in Europa e passammo il turno e poi la domenica dopo in casa col Chievo vincemmo, segnai anche io, e da lì vincemmo 11 partite consecutive e nacque la Roma di quel periodo”.
È il 21 dicembre 2005, la Roma batte 4-0 il Chievo e dà il via quella storica striscia di undici vittorie consecutive. La carriera di Perrotta cambia completamente, il giocatore diventa un punto fermo per i giallorossi. Una colonna per molti anni a seguire.
LA VITA IN GIALLOROSSO - Da quel momento sono tante le soddisfazioni che Perrotta riesce a togliersi con la Roma, anche se alternate ad alcuni grossi rimpianti. Da una parte ci sono le vittorie: “La prima Coppa Italia è stata la più bella. Venivamo da diverse sconfitte tra Coppa Italia e Supercoppa, lì vincemmo 6-2 in casa all’andata, fu una partita incredibile. Potevamo fare anche più gol. Poi il ritorno è stata una partita strana, loro dovevano fare 4 gol e noi ce la stavamo complicando, poi per fortuna segnammo il 2-1 che mise fine alla finale. Fu una partita sofferta nonostante il vantaggio. Aver dimostrato di giocarsela alla pari con l’Inter fu una grande soddisfazione”. Ma dall’altra ci sono i due scudetti sfiorati: “Lo scudetto del 2010 è il mio maggiore rimpianto. Nel 2008 siamo stati avanti solo nel primo tempo dell’ultima giornata, nel 2010 abbiamo fatto una rincorsa incredibile e siamo stati in testa alla classifica. Dopo il derby vinto sembrava fatta. Eravamo davanti a tre giornate dalla fine con due match in casa, poi però forse sono venute meno alcune energie mentali, non abbiamo mantenuto la concentrazione alta e paradossalmente dopo il miglior primo tempo con la stagione, con la Sampdoria, abbiamo perso. È una ferita che difficilmente si rimarginerà, mi sarebbe piaciuto veramente molto vincere qualcosa di importante con la Roma”.
LA PARTITA - Abbiamo chiesto a Simone Perrotta di fotografare un momento della sua carriera in giallorosso, scegliendo una partita da ricordare. Lui ha voluto concentrarsi su un momento forse poco appariscente per la Roma, ma estremamente importante per lui: “Scelgo una partita che mi ha dato più soddisfazione a livello personale. Il gol a Siena, il penultimo che ho fatto. Era l’ultimo anno in giallorosso, era una situazione strana perché ero stato messo ai margini perché non avevo accettato di andare via. Questa cosa mi è dispiaciuta, dopo nove anni essere messo da parte perché non accetti una destinazione è una follia. Poi Zeman, in una situazione delicata mi disse di entrare, io nemmeno ci credevo quando mi disse di scaldarmi. Dopo pochi minuti ho segnato il 2-1, mi è venuto istintivo andare verso lo spicchio dei tifosi e tutti i giocatori, anche dalla panchina, sono venuti ad abbracciarmi. Ho provato una gioia incredibile, una stima immensa da parte degli amici, nonostante il periodo che stessi vivendo".
IL PUNTO D’ARRIVO - Nel 2013, all’età di 35 anni, arriva il ritiro di Perrotta. Un addio al calcio dopo una carriera di alto profilo, arricchita dal sensazionale trionfo nel Mondiale del 2006 a Berlino. Una vittoria ancora vivissima: “Il Mondiale è una parentesi disarmante, bellissima, è incredibile aver giocato e vinto un Mondiale. Più passa il tempo e più l’assapori”.
Simone Perrotta si ritira dopo ben nove stagioni in giallorosso. Dopo 326 presenze e 49 gol. Dopo due Coppa Italia e una Supercoppa italiana. E soprattutto dopo aver lasciato un ricordo indelebile nel cuore dei tifosi romanisti.