A Roma torna il made in Italy
Fonte: L'editoriale di Gabriele Chiocchio
Allo scoccare della seconda settimana di lavoro ufficiale di Gianluca Petrachi, è già abbastanza chiaro un trend dettato dal neodirettore sportivo, in evidente controtendenza col passato recente e non. Gli arrivi di Spinazzola e Diawara, le trattative per Veretout e Mancini, gli spifferi su Higuain e Suso hanno tutti un denominatore comune: l’esperienza già accumulata nel campionato di Serie A. Tante volte si dice che chi arriva da fuori deve abituarsi al tatticismo del tatticissimo torneo di casa nostra, alle contromisure prese dai tecnici avversari e all’aggressività delle medio-piccole che non lasciano troppo ragionare chi è abituato a giocare il pallone con più calma: che sia vero o no, il DS sta cercando di bypassare il problema come mai si era fatto negli ultimi anni, quando il più degli acquisti era arrivato dall’estero. L’idea, probabilmente, è che chi arriva da entro i confini nazionali possa avere più probabilità di dare un contributo immediato, una cosa che a questa Roma serve davvero molto. Il calcio di Fonseca, più complesso che pratico sotto molti aspetti, non solo tattici, potrebbe essere non facile da assimilare ed ecco che in situazioni di non sicurezza tecnica un po’ di pelo sullo stomaco potrebbe fare decisamente comodo. Certo, il prezzo da pagare non è esiguo: per quanto nei trasferimenti interni si possa giocare con formule e modalità di pagamento, anche grazie alla Camera di Compensazione, di soldi se ne stanno impegnando e sembra se ne si voglia impegnare ancora. L’idea di abbassare i costi sta apparentemente morendo sul nascere e già da ora è consigliabile attrezzarsi di elmetto per ciò che accadrà a giugno 2020; tolto questo avvertimento, l’obbligo è quello di spendere in modo efficace e l’idea è che sia meno difficile sbagliare facendo affidamento su chi ha esperienza italiana. L’unica verifica possibile, ovviamente, sarà quella del campo.