Cuore contro razionalità
Fonte: L'editoriale di Alessandro Carducci
Nei primi anni della propria gestione, i Friedkin hanno gestito la società cercando il colpo a effetto (Mourinho, Dybala, Lukaku), stando attenti a non commettere gli errori di James Pallotta, che avevano portato l’ex presidente a essere inviso a gran parte della tifoseria. L’annuncio di uno degli allenatori più vincenti della storia è stato subito un asso calato, anzi, sbattuto con forza, sul tavolo. Poi Dybala e Lukaku. Colpi a effetto, riconoscibili in tutto il mondo, che hanno fatto sognare la gente, i tifosi. È arrivata una Conference League, un risultato pazzesco dopo anni di nulla, e per poco non si è scritta la storia con l’Europa League, una ferita che chi lo sa quando si rimarginerà.
In campionato, però, la Roma ha inanellato solo sesti posti e nessuna qualificazione in Champions.
CAMBIO DI ROTTA - Lo scorso gennaio, il cambio di direzione è stato netto: per la prima volta, i Friedkin hanno preso una decisione impopolare, molto impopolare, totalmente impopolare, e coraggiosa. Fuori Mourinho, dentro De Rossi.
La seconda mossa è stata la gestione di Paulo Dybala. Il cuore sanguinava all’idea che la Joya passasse dalle lacrime del Colosseo Quadrato alle lacrime per l’addio alla Roma, un club al quale si è legato visceralmente. Dybala vuole vendicare Budapest, rimettere i pezzi a posto, dare giustizia alla sua gente o, come avrebbe detto Garcia, vorrebbe rimettere la Chiesa (non Federico) al centro del villaggio, la coppa nella giusta bacheca.
CUORE O RAZIONALITÀ - I dirigenti devono ragionare con il cuore o con la razionalità? Forse più con la razionalità, al contrario dei giocatori. E in un calcio fatto di soldi e superficialità, colpisce ancora chi decide di rinunciare a una barca di soldi (non che a Roma ne prenda pochi, per carità) per mettersi in gioco. Lo fa per amore? Probabile, perché uno come Dybala ha bisogno della gente, della benzina data dal fuoco dei suoi tifosi, ha bisogno di quell'affetto percepito al Colosseo Quadrato, di quelle lacrime versate prima ancora di scendere in campo. Ma lo fa anche perché, probabilmente, vuole la Nazionale, quella Nazionale persa nell'ultima Coppa America, una ferita tremenda. E quando qualcuno rinuncia a tanti soldi per sentirsi vivo, per combattere per qualcosa, per raggiungere un obiettivo, è come una boccata di aria fresca in montagna dopo lo smog cittadino. I dirigenti fanno bene a fare i dirigenti, noi possiamo permetterci di fermarci un attimo e assaporare questo momento.