Da Totti a Dybala: il collettivo conta più dei totem
Fonte: L'editoriale di Gabriele Chiocchio
Dieci minuti in campo con l’Argentina e un gol (del 3-0) con deviazione hanno riacceso i riflettori su Paulo Dybala, che con l’Albiceleste non segnava da oltre due anni e che giocherà un’altra partita martedì con la Colombia prima di imbarcarsi nel solito volo intercontinentale per tornare nella Capitale e a disposizione di De Rossi. La permanenza a Roma del numero 21 è stata accolta come un suo “riacquisto” da parte di una tifoseria che da sempre ha avuto bisogno di un totem, che ha visto andare via José Mourinho e che ha trovato, appunto, in Dybala il nuovo elemento centrale della Roma, quello da cui proprio non si può prescindere.
È chiaro come l’argentino due anni fa sia arrivato anche a fronte della promessa di essere proprio quello che molti tifosi vorrebbero sia, vale a dire il centro di gravità giallorosso, e che in questa situazione invece le cose siano cambiate, con una Roma che punterà più sul collettivo e in cui i singoli dovranno tutti essere parte di un ingranaggio, mettendo a disposizione le loro qualità in un sistema con meno improvvisazione dal punto di vista offensivo. Le due panchine di Dybala su tre gare disputate in campionato hanno però già indispettito qualcuno e il sentimento per cui l’argentino debba andare in campo sempre e comunque sta cominciando a montare.
Una situazione che non è nuova da queste parti: non ci vuole particolare acume per tornare indietro agli anni in cui Luciano Spalletti ebbe il compito di maneggiare il finale di carriera di Francesco Totti, riuscendo a farlo rendere anche all’età di 39 anni proprio grazie alla sua oculata gestione, facendolo subentrare per quei pochi minuti che servivano per far sì che le qualità del 10 potessero emergere anche a quell’età avanzata. L’allora tecnico giallorosso fu molto criticato - e utilizziamo un grande eufemismo - per questo tipo di impiego del suo capitano, che fu in realtà il motivo principale per cui Totti potesse ancora essere un fattore alla sua età, e non un presunto freno a mano che impedì al 10 di fare chissà che cosa in più di quel che di straordinario già stava facendo.
Ovviamente il caso di Dybala è diverso, perché parliamo di un calciatore che compirà 31 anni a novembre, dunque ancora ampiamente in età per il calcio di questi livelli, ma l’argentino è un calciatore che va gestito a livello fisico e che è difficilmente collocabile a livello tattico. Con Mourinho quest’ultimo aspetto non era un problema, visto che la manovra offensiva era totalmente rimessa al talento degli attaccanti, mentre in questo ciclo tecnico la questione è differente, tant’è che all’esterno di Trigoria si parla addirittura di cambiare sistema di gioco, buttando nel cestino tutto quello per cui si è lavorato in estate, per lasciare a Dybala quella centralità che altrimenti potrebbe sfuggirgli.
De Rossi è chiamato a una scelta complicata, ma ha due esempi abbastanza chiari: quello di Spalletti e soprattutto, quello di Scaloni, che anche in assenza di Messi ha comunque utilizzato Dybala da subentrante e che proprio grazie a questo tipo di impiego ha avuto da lui le risposte che hanno creato più giubilo qui che al Monumental. Qualsiasi cosa sceglierà il tecnico, la cosa importante sarà evitare di ricreare in chiave contemporanea ciò che successe 8 anni fa. L’ambiente di Roma è sempre incline a spaccature, crearne un’altra, per di più così grande, sarebbe un inutile ostacolo in un processo di ricostruzione che è iniziato col mercato e che deve concretizzarsi in campo. Con o senza Dybala.