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De Rossi, la Roma, i pareggi, la crisi. Eh no: non poteva piovere per sempre

di Alessio Milone

Quanto c’era mancato, Danielino. Quanto s’era sentita la mancanza sua, là in mezzo al campo. Lo scrivo così, al volo, quasi alla romana maniera, perché è proprio la passione giallorossa che emerge e fa dire a petto in fuori che sì, un gol di De Rossi serviva come il pane in tempo di carestia. Serviva per i tifosi, perché il rapporto tra il popolo capitolino e l’eterno capitan futuro si era pericolosamente raffreddato, e serviva a lui, ché era dall’81’ minuto della gara d’andata che non la metteva in fondo al sacco.

Possiamo dire che è stato un segnale della Provvidenza, a essere un po’ credenti e un po’ blasfemi. Perché se da un lato ci viene voglia di urlare “e Grazie a Dio si è sbloccato”, dall’altra accostare il pallone alle cose di Sua Santità potrebbe risultare esagerato. Poi ci fermiamo a riflettere un attimo e ci rendiamo conto che sappiamo benissimo che a Roma no: esagerato non lo è. Il calcio è una cosa sacra, nella Capitale. L’aria del derby, la passione per la tua squadra, per quella maglia e per quei colori ti… condiziona la settimana. Eh sì, sono stati tempi bui: tempi in cui la Roma non era in grado di dimostrare carattere, e non segnava, e non vinceva, e i tifosi non esultavano, e le domeniche non erano felici, e i lunedì erano ancora più pesanti.

Soprattutto se il tuo compagno di banco a scuola/di sedia in ufficio è laziale.

Questa settimana, invece, è iniziata piuttosto bene. Roma sorride, e stavolta è tornata a farlo da entrambe le sponde del Tevere. Era da troppo tempo che non brillava il sole sul rosso porpora e sul giallo oro. Uno spiraglio di luce, ecco cosa è stato. Un bagliore divino, un brivido, una scossa d’orgoglio, un lampo in una notte buia. De Rossi, da capitano, ha provato a spazzare via le nubi d’inverno, nel primo giorno di primavera.

D’altronde, no? Non poteva piovere per sempre.


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