Déjà vu
Fonte: L'editoriale di Gabriele Chiocchio
L’Aula Giulio Cesare, lo streaming aperto nel timore che possa saltare, i lunghissimi interventi dei consiglieri, la difficoltà per noi cronisti di riportarveli nel modo più fedele possibile. Quanto accaduto oggi lascia una profondissima sensazione di déjà vu, che sfiora il reale fino a toccarlo, con la differenza che chi stava da una parte, oggi sta dall’altra. L’idea che, più che andare avanti, si stia rischiando di tornare indietro al 2014 per quanto riguarda il progetto stadio si fa sempre più tangibile: “uno stadio fatto bene” recita lo slogan adottato dalla sindaca Raggi fin da quel venerdì in cui è stato raggiunto l’accordo con la Roma e ripetuto a più non posso da qualsivoglia rappresentante del Movimento 5 Stelle, non altrettanto bene (almeno, in apparenza) si sta rispettando un iter i cui punti cardine erano ormai chiari a tutti e che invece si continua a vedere di sbieco, torcere, cercare di adattare a una serie di esigenze, forse troppe. Del nuovo progetto ancora non c’è traccia, ma si continua a sostenere che possa essere discusso in una Conferenza dei Servizi avviata da mesi, due volte sospesa (tra stop formali e non) e che, soprattutto, aveva in oggetto il progetto deliberato dalla giunta Marino, al quale si arrivò dopo mesi di trattative e che sembrava in perfetto equilibrio tra cubature e opere pubbliche. Posto che le vie della burocrazia, come ormai quelle di qualunque cosa, sono infinite, è singolare anche solo concettualmente pensare che mesi di dibattiti su un certo tipo di opera possano essere traslati su un’altra più o meno diversa dalla precedente a seconda del punto di vista di chi ne parla ed entrambi gli esiti andrebbero a discapito dell’opera: arrivare alla redazione della Convenzione Urbanistica al termine di questa Conferenza dei Servizi significherebbe, di fatto, derogare all’iter riuscendo nell’impresa di creare un precedente in quella che è la prima applicazione della legge sugli stadi, dover invece cominciarne un’altra dilaterebbe ulteriormente i tempi lasciando aperte le porte a nuove folate di vento, ribaltoni politici e qualsiasi altro tipo di nuovo, imprevedibile ostacolo capace di frapporsi tra la Roma e il suo obiettivo. La scelta è stata quella di assecondare la volontà politica di chi oggi governa la città di Roma, il prezzo da pagare per averla fatta rischia di essere alto. Anche più del previsto.