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Dentro o fuori dalla Roma, Pallotta non guarda in faccia a nessuno

di Gabriele Chiocchio

“Fucking idiots and assholes”, da tradurre come si ritiene più opportuno. Parole forti, aggettivi pesantissimi che il presidente della Roma James Pallotta ha attribuito al gruppo di tifosi della Curva Sud che ha esposto gli striscioni che hanno causato la squalifica per un turno del settore, in attesa della decisione sull’eventuale ricorso. E non è la prima volta che il numero uno giallorosso non le ha mandate a dire, dopo gli attacchi dialettici a Mehdi Benatia (“ha avvelenato lo spogliatoio”), al presidente della FIGC Carlo Tavecchio (“dichiarazioni imbarazzanti”) e a quello della Lazio Claudio Lotito (“gli parlerò come fosse un bambino”). La novità, però, è che in questo caso Pallotta se l’è presa con alcuni di quelli che fanno parte della tifoseria che lui stesso ritiene essere “la migliore al mondo” (come dichiarato dopo l’1-7 contro il Bayern Monaco, commentando gli applausi rivolti dai sostenitori alla squadra al termine del match) e, banalmente, che paga biglietti e abbonamenti per essere allo stadio.

Raramente nel calcio italiano si vede un presidente attaccare così duramente determinate frange - dettaglio importantissimo - dei propri sostenitori e questo ha chiaramente portato delle divisioni piuttosto evidenti tra chi è d’accordo con le parole del presidente e chi invece si sente ferito da quello che dovrebbe essere il punto di riferimento della propria squadra. Ci si può chiedere il perché di un comportamento simile, che apparentemente può andare anche contro gli interessi di un abile businessman come il manager della Raptor. Volendo osservare la cosa da un punto di vista freddo e calcolatore, è abbastanza evidente come il numero uno giallorosso, a prescindere da eventuali bizze del giudice sportivo tamponate dall’impianto legale della società, abbia interesse ad avere una tifoseria sì calda, ma anche corretta, anche per motivi pratici: avere un settore (o più settori, o addirittura un intero stadio) chiuso rappresenta una perdita sotto tutti i punti di vista (economico, d’immagine e altro), che può andare a inficiare il lavoro finalizzato all’aumento dei ricavi che tanto serve a una società che ancora deve crescere molto più di quanto abbia fatto finora per poter aspirare a essere “il miglior club del mondo”, e di conseguenza ogni - anche piccolo - incidente di questo lungo percorso non può che essere visto con irritazione, al di là dei giudizi di merito sulla questione. Tutto ciò resta ovviamente un'ipotesi, ma ciò che conta è che Pallotta non sembra guardare in faccia davvero nessuno.

Si attende di capire se verrà presentato ricorso, l’ultimo di una lunga serie a seguito di episodi che hanno visto la Roma spesso ingiustamente protagonista in sede di giustizia sportiva, atto volto a salvaguardare la parte di tifoseria che pagherebbe per fatti compiuti da altri; il perché questo poi debba accadere, tra tornelli, biglietti nominativi e lungaggini burocratiche del caso, è ben altro discorso. Ma, nel frattempo, il presidente della Roma guarda (anche) in casa sua. Che piaccia o meno.


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