Due modi di reagire
Fonte: L'editoriale di Alessandro Carducci
La Roma è falcidiata dagli infortuni. Il dato è oggettivo e c’è poco da girarci intorno: Fonseca ha pochissimi scelte da dover fare e deve spremere il più possibile i superstiti, sperando che nel frattempo rimangano integri anche perché chi si è fatto male starà fuori parecchio tempo. La situazione è, quindi, delicata: la società farà bene nelle segrete stanze a cercare, ancora una volta, di capire il motivo di tutti questi problemi fisici ma, al momento, la priorità è andare avanti e la Roma deve farlo nel migliore modo possibile.
Nella vita le cose accadono o per colpa nostra o per colpa di altri fattori ma accadono. Ci sono due modi di reagire: piangersi addosso e darsi l’alibi (sacrosanto) degli infortuni oppure rimboccarsi le maniche e prendersi interamente la responsabilità di ciò che accade. Nel primo caso, si avrà sempre una scusa (una scusa valida, intendiamoci) e si starà a posto con la coscienza perché – si dirà – di più non si può fare. È un modo di vivere che porta a stare in pace con se stessi, incolpando la sfortuna ed esaltando l'autocommiserazione, ma che non porta ad alcun risultato perché, a fine anno, conteranno solo i punti in classifica e non gli alibi e la sfortuna avuta.
La seconda strada è più complicata, più fastidiosa, meno comoda: si tratta di prendersi interamente la responsabilità di ciò che accade, il che implica il non cercare l’alibi degli infortuni, dei pali, degli arbitraggi o di qualsiasi situazione esterna. È più scomoda perché non permette di stare in pace con se stessi perché costringe a focalizzarsi sui propri errori, su una manovra lenta, sulla mancanza di movimento senza palla, sull’assenza di pressing senza tenere minimamente conto delle attenuanti di cui abbiamo parlato prima. Una maniera fastidiosa di vivere ma che potrà portare a risultati concreti, a migliorare ciò che la Roma, indipendentemente dagli infortuni, deve migliorare. Servirà però il supporto di tutti perché se l’ambiente, in primis, si creerà un alibi i giocatori non potranno fare altro che assorbire il pensiero comune e l’ultima cosa di cui la classifica ha bisogno è di piangersi addosso per i tanti, troppi, infortuni. Occorre lavorare, ora più di prima, e lasciare altri ad autocommiserarsi.