Fine della semina: ora la Roma deve raccogliere
Fonte: L'editoriale di Gabriele Chiocchio
Quel minuto quasi a tre cifre di Spezia-Roma non ha cambiato (anzi, impedito che cambiasse, da un certo punto di vista) solamente la storia della partita, ma anche quella di questo scorcio di campionato prima della sosta per i playoff delle qualificazioni ai mondiali. Quel +2 sulla classifica determinato dal rigore perfettamente trasformato da Tammy Abraham ha mantenuto la Roma nel pieno del treno europeo, anche grazie ai risultati arrivati prima e dopo sugli altri campi.
A gennaio ci si auspicava un filotto che non è arrivato: sarebbe servito a respirare tanta fiducia in più (e per capirlo basterebbe aggiungere i punti buttati contro Genoa, Sassuolo e Verona) e, soprattutto, a mettere in cascina energia nervosa necessaria per affrontare l’intenso periodo di stagione che sta per cominciare. Da sabato e sicuramente fino al 20 del mese, la Roma ricomincerà a giocare ogni tre giorni e disputerà tutte partite determinanti, perché la Conference League non può non essere un obiettivo da inseguire a ogni costo e perché dal campionato bisognerà altrettanto a ogni costo staccare il biglietto per l’Europa della prossima stagione.
Nella prima tranche di stagione ad alto ritmo, José Mourinho ha dimostrato chiaramente di non avere molto a cuore il concetto di rotazioni e ha utilizzato il più possibile i titolari, i suoi titolari, arrivando addirittura a scartare - per essere carini - pubblicamente chi non lo aveva convinto. Alcuni di quelli sono stati ceduti, mentre nel gruppo dei “fedeli” sono stati aggiunti un paio di elementi dal mercato, e qualcuno - vedi Kumbulla - è riuscito a rientrarci con qualche prestazione positiva (sommata a un certo grado di necessità da parte del tecnico): da questi giocatori il portoghese riparte e questi dovrà gestire nel doppio impegno che si spera possa essere il più lungo possibile. Così come riparte da una doppia possibilità tattica, difesa a 3 o difesa a 4: nessuna delle due prevalente sull’altra per tanti motivi, ma entrambe almeno utilizzabili “a incastro” a seconda dell’avversario, il che non è comunque poco.
Si potrebbe dire, dunque, che questo è il momento di raccogliere dopo mesi di semina. I presupposti, prossimi o remoti, non sono il massimo, ma non c’è più tempo per migliorarli: se la Roma vuole ottenere qualcosa da questa stagione quantomeno ballerina, da adesso dovrà dare tutto quello che ha per farlo.