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I due pilastri di José Mourinho

di Alessandro Carducci
Fonte: L'editoriale di Alessandro Carducci

Al di là del gol di Zapata, che ha impedito alla Roma di agguantare la terza vittoria consecutiva, i giallorossi possono tornare da Torino con una certezza. La presenza di Lukaku. E per presenza, intendiamo tutto il calciatore a 360°: fisico, testa, volontà, gol. Non è ancora in condizione, ovviamente, e, soprattutto nel primo tempo, Buongiorno gli ha dato del filo da torcere. Poi, però, basta un guizzo, un attimo in cui di prepotenza tiene lontano il suo diretto avversario, si gira e, da bomber vero qual è, scarica in rete in qualche modo, non con il tiro meglio eseguito dalla storia ma comunque facendo in modo di battere il portiere. La storia ha voluto che Zapata vanificasse il tutto, è vero, ma quest’anno la Roma sa che ha un’ulteriore ancora di salvataggio, oltre a Dybala. Nella scorsa stagione, la Joya è stato il faro che aveva il compito di illuminare la via verso la vittoria. Un compito gravoso che, quest’anno, potrà dividere con Lukaku.

UNA COPPIA PERFETTA - Uno crea, l’altro finalizza. Chi è l’uno, chi l’altro? Il bello è che i ruoli sono intercambiabili. I due, infatti, si infiammano quando riescono a connettersi. Come due elementi che, singolarmente, sono estremamente validi ma, insieme, si trasformano e creano un elemento nuovo, più forte, più potente, più solido. Entrambi si cercano e si trovano per effettuare rapidi uno-due. Lukaku ha bisogno di qualcuno che gli graviti attorno quando lui deve addomesticare palloni difficili, spalle alla porta, mentre Dybala ha bisogno di un calciatore fisico che possa raccogliere e pulire questi palloni sporchi. Insieme, possono sia creare, sia finalizzare, sia aprire l’uno-due, sia chiuderlo, in una danza continua, un movimento incessante di corpi e di menti brillanti. Siamo solo all’inizio e l’intesa, così come la condizione fisica, può ancora notevolmente migliorare.


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