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Il curioso caso di Edin Dzeko

di Alessandro Carducci

Non c’è probabilmente mai stato un attaccante che abbia fatto discutere così tanto a Roma quanto Edin Dzeko.
Segnasse quaranta gol, c’è chi ne chiederebbe quarantuno. Quest’anno, in campionato, non ha fatto molto ma la carriera, i numeri e i gol lo precedono.
Allora perché metterlo sempre in discussione? A volte la responsabilità è sua, del suo atteggiamento disfattista quando le cose vanno male. Non allo Stirpe, però. Con una Roma impantanata in una melma di noia, l’ex attaccante del City non ha scosso la testa né abbassato lo sguardo. Ha preso per mano i compagni, li ha trascinati, spronati, guidati. Con una squadra divisa in due, è stato lui come spesso accade a fare da regista avanzato. Così nasce il secondo gol, dopo aver segnato due minuti prima da bomber d’area di rigore.
Ecco, alcuni lo criticano perché non è l’attaccante alla Icardi che ha mezza palla e fa doppietta.
Dzeko, solitamente, ha bisogno di molti palloni per segnare ma è anche vero che molte occasioni se le crea da solo, se le crea con i suoi movimenti, le sue giocate, la sua coordinazione.
Avesse avuto, in carriera, la cattiveria di questa sera staremmo parlando di un attaccante stellare, che avrebbe sbaragliato a suon di gol la concorrenza guadagnandosi il paradiso calcistico in eterno.
La mancanza di cattiveria l'ha spesso penalizzato, offuscando i gol fatti, i traguardi raggiunti. Mostrando ed evidenziando ciò che non è, mettendo in ombra ciò che è. Un calciatore straordinario, come pochi ne ha visti Roma nella sua storia.
 


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