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Il Var è morto, il Var è risorto

di Alessandro Carducci
Fonte: L'editoriale di Alessandro Carducci

“Il Var è morto! Il Var resta morto! E noi l'abbiamo ucciso! Come potremmo sentirci a posto, noi assassini di tutti gli assassini? Nulla esisteva di più sacro e grande in tutto il mondo, ed ora è sanguinante sotto le nostre ginocchia: chi ci ripulirà dal sangue?”.
Immaginiamo avrebbe detto così Nietzsche nella Parabola del folle, se fosse stato presente oggi in tribuna allo stadio Olimpico.
A prescindere dalla fede calcistica, tutti dovremmo compattarci per fare pressione sull’IFAB (l'organo internazionale deputato a modificare le regole del calcio), colpevole di aver disarmato un’arma di giustizia sociale. Un’arma bellissima, potentissima, ma castrata dall’ottusità di chi, per rimanere ancorato a un passato opaco e polveroso, ha preferito fare un passo indietro, intimando a inizio stagione a tutte le federazioni di centellinare l’uso della moviola in campo, che ormai si è ridotta a mera punitrice dei falli di mano e dei fuorigioco. E poco altro.
Lamentarsi tanto per farlo sarebbe inutile, non bisogna contrapporsi a un altro club, né agli arbitri, né alla federazione. Sarebbe uno spreco di tempo.
È una questione che va al di là di Roma-Inter, oltre ai campanilismi e alle rivalità.
È una questione di intelligenza e chi vuole fermare il grido di libertà e giustizia, di cui la Var si fa portatrice, sarà travolto dal corso della storia.
Poi basta un fallo di mano, secondi di rabbia, secondi concitati, un rapido sguardo al monitor e, improvvisamente, la speranza torna a battere forte. Un sospiro di sollievo.
“Questa mia generazione è preparata a un mondo nuovo e a una speranza appena nata”, canterebbe Guccini. “In ciò che noi crediamo, il Var è risorto”.
Tutti uniti, ce la possiamo fare.


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Giovedì 12 dicembre
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