L'abilità di Fonseca e la lunghezza della panchina
Fonte: L'editoriale di Alessandro Carducci
Se non avesse fatto l’allenatore, Paulo Fonseca avrebbe potuto fare il politico. Ha uno sguardo e una voce rassicuranti, dice e non dice ma alla fine dice. Con un linguaggio pacato fa capire le cose come stanno, senza attacchi diretti, senza cercare alibi, senza strillare.
Nell’intervista a Record dice che vuole vincere ma ricorda, anche, che ci sono squadre che spendono di più (Juve e Inter), squadre lanciate come l’Atalanta e realtà come Lazio e Milan che renderanno viva la battaglia al quarto posto. Ricorda, inoltre, che la Roma ha fatto mercato senza un direttore sportivo ma che lo stesso mercato si sarebbe potuto fare meglio.
Si barcamena nel mondo della comunicazione come un esperto politico democristiano ed è un bene, visto il caos in cui è capitato. Al netto delle sue responsabilità, si è trovato a guidare una squadra fortemente indebitata nell’anno della pandemia, del cambio di proprietà e di un mercato fatto senza molti fondi e senza un Direttore Sportivo. C’è abbastanza materiale per impazzire e perdere il senno ma Fonseca non ha mai perso la tranquillità, nonostante Dzeko non gliel’abbia mandate a dire dopo l’eliminazione con il Siviglia.
Ora si ritrova con una buona squadra, con qualche mancanza (soprattutto con l’incognita fascia destra) ma un undici titolare di valore. Il problema è capire quanto i ricambi riusciranno a mantenere alto il livello della squadra, quanto la panchina (nell'anno delle 5 sostituzioni) sia lunga ma ci sono i presupposti per fare un campionato almeno decoroso. In attesa di un Direttore Sportivo, un Direttore Generale, di una pianificazione e di un cambio di rotta generale. Sperando che, nel frattempo, Fonseca riesca a tenere dritta la barra.