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L'ennesimo pasticcio della giustizia sportiva, tra oggettività, soggettività e credibilità

di Gabriele Chiocchio
Fonte: L'editoriale di Gabriele Chiocchio

“A me sembra che siamo destinati a non avere momenti di gioia”. È un Mauro Baldissoni molto amareggiato quello che commenta la nuova, ennesima, decisione del Giudice Sportivo che ha scatenato la nuova, ennesima, rabbia dei tifosi della Roma. Kevin Strootman è stato infatti squalificato per due giornate e, al momento (è previsto ricorso d’urgenza), salterà i cruciali match contro Milan e Juventus in programma lunedì 12 e sabato 17 dicembre.

COSA È SUCCESSO - Facciamo chiarezza su quanto accaduto. È stata applicata la prova televisiva: tale mezzo può essere utilizzato, secondo quanto recita l’articolo 35 del Codice di Giustizia Sportiva, solo in determinati casi. Per brevità, riduciamo l’elenco a quelli riconducibili ai fatti dell’Olimpico: fatti di condotta antisportiva non visti dall’arbitro ed evidenti simulazioni che determinano l’espulsione diretta di un calciatore avversario. Il comunicato reso noto oggi non lascia dubbi: per la famosa acqua lanciata in faccia da Strootman a Danilo Cataldi, l’arbitro Banti ha valutato un comportamento non regolamentare e ha ammonito l’olandese, rendendo la prova TV inapplicabile. Il numero 6 giallorosso è stato invece squalificato per l’applicazione della prova TV dopo una evidente (ripetiamo) simulazione che determina l’espulsione diretta di un calciatore, in questo caso Cataldi.

INIQUITÀ OGGETTIVA - Sul comunicato, però, qualcosa non quadra. Nella prima parte di esso, si fa riferimento alla simulazione della caduta a terra da parte di Strootman dopo lo strattone del laziale, fattispecie la cui rilevanza - si cita - in termini disciplinari ha determinato il provvedimento di espulsione del calciatore Cataldi. Tradotto dal burocratese: la causa dell’espulsione di Cataldi è la simulazione, quindi la prova televisiva è applicabile. Ma basta scendere qualche rigo per scoprire come lo stesso Cataldi abbia ricevuto in realtà un cartellino rosso  per avere - si cita - al 21° del secondo tempo (...)  strattonato la maglia da dietro di un calciatore avversario, senza alcun cenno a ciò che accade dopo lo strattone stesso, che diventa motivo sufficiente per il provvedimento e quindi la sua causa principale, in evidente contrasto con quanto affermato nel passaggio precedente. In soldoni: prima il rosso è determinato dalla caduta a terra, poi dallo strattone? Un’incoerenza anche piuttosto marchiana, che cozza con il ruolo del Giudice Sportivo, deputato ad applicare le sanzioni previste dai vari regolamenti e dal Codice di Giustizia Sportiva.

INIQUITÀ SOGGETTIVA - Ma, se non bastasse, si può aprire un lungo, infinito tavolo di discussione sulla valutazione del comportamento di Strootman come simulazione. Torniamo al comunicato: si legge che le immagini televisive, - si cita - consentono di apprezzare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la caduta dello Strootman in seguito alla trattenuta è frutto di evidente simulazione da parte del medesimo calciatore. E ancora: (...) non potendosi oggettivamente ricondurre l’accasciarsi al suolo del calciatore Strootman allo strattonamento della maglietta da parte del calciatore Cataldi. Tale giudizio è ben lontano dall'oggettività ed è produzione esclusiva del Giudice Sportivo, che il ragionevole dubbio quindi non se l’è posto, andandone oltre. E se il ragionevole dubbio volessimo porlo? Chi scrive può avere un’opinione, chi legge un’altra, lo stesso Baldissoni dà una sua lettura dell’episodio (la simulazione), magari di parte ma non smontabile da criteri oggettivi ed evidenti, come non è smontabile da criteri oggettivi ed evidenti il suo contrario. Il Codice di Giustizia Sportiva e lo stesso comunicato del Giudice Sportivo parlano di evidente simulazione: è evidente la simulazione di un calciatore che cade senza aver subito un contatto (fatto oggettivo, quello sì, e verificabile con le famose immagini che offrano piena garanzia tecnica e documentale), ma lo strattone di Cataldi a Strootman c’è ed è impossibile giudicare con certezza assoluta l’esistenza o meno della simulazione, giudizio che diventa una scelta di chi infligge la pena e che comunque, già solo per l’accettabilità di argomenti contrari (si potrebbero elencare, ma sarebbe francamente stucchevole), non può essere oggettiva ed evidente. Non c'è neanche bisogno di appellarsi a casi simili o anche non simili, magari accaduti nella stessa partita o nel dopogara, non puniti o rimandati a data da destinarsi. Un cavillo? Lo si dica a chi scrive i regolamenti: basta cambiarli o integrarli e il problema si risolve.

RICORSO - Già annunciato d'urgenza, non prevede mezze misure: l'articolo 35 del Codice di Giustizia Sportiva definisce la simulazione come condotta gravemente antisportiva; l'articolo 19 fissa a due le giornate di squalifica per questo tipo di comportamento. Quindi, o il fatto non sussiste e la pena viene annullata, oppure verrà scontata per intero: l'ipotesi di una semplice riduzione è da escludere.

CREDIBILITÀ -  “Stiamo per affrontare Milan e Juventus e guarda caso c'è questa squalifica”: probabilmente parole più adatte a un tifoso arrabbiato che a un dirigente di una società, ma se si continua con questi episodi,  - non riguardanti solamente la Roma, ovviamente, basti pensare a Opti Poba - come si può pretendere una credibilità totale nelle istituzioni sportive italiane? L’elenco è lungo: si parte da “rossoneri carabinieri” trasformato in “rossoneri squadra di neri”, si passa dalla squalifica di Mattia Destro col misterioso buco nero di una frazione di secondo nel giudizio dell’arbitro Massa a Cagliari, che ha permesso anche in quel caso l’applicazione della prova TV, si continua con la squalifica a José Cholevas - poi annullata, senza motivazione pubblica - inflitta con prove documentali irregolari (una fotografia) e con quella a Rudi Garcia dopo la testimonianza, poi ritrattata, di uno steward (che, se non fosse chiaro, non ha alcun titolo per fornire prove di eventuali condotte irregolari), sospesa e poi annullata quando il vento aveva già ampiamente portato via il caso. Una cosa è concentrarsi solo sulle questioni sportive, senza costruirsi alibi anche in presenza di momenti controversi, un’altra è chiudere occhi e orecchie davanti a una serie di episodi che non possono far rimanere inerti. Non avere credibilità significa non avere controllo, neanche quando le cose si fanno bene (evento, a dire il vero, abbastanza raro da queste parti): il dubbio che siano comunque sbagliate rimarrà sempre, tutto sarà comunque costantemente in discussione e le polemiche non si spegneranno mai. Con tutte le conseguenze del caso.


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