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Non è ancora la Roma di Mourinho, ma i problemi sono solo di calcio

di Gabriele Chiocchio
Fonte: L'editoriale di Gabriele Chiocchio

La combinazione tra un’amichevole un po’ infelice e un mercato un po’ poco movimentato ha fatto scattare qua e là qualche allarme. Tutto abbastanza comprensibile, perché a meno di dieci giorni dall’inizio della stagione ufficiale la Roma non sembra troppo più avanti rispetto all’inizio della preparazione. Va bene questa iniezione del già inflazionatissimo carattere, che pure già ha provocato danni di troppo, ma a livello di calcio diverse cose sembrano non andare come dovrebbero, pur con la aurea premessa che la stagione è lunghissima e che sarà l’inizio di un percorso - si spera - più lungo, in cui migliorare ed evolversi costantamente.

Non si può fare a meno di notare alcune contraddizioni in ciò che José Mourinho sta tentando di plasmare a livello di gioco. L’idea di una squadra compatta e verticale cozza con le caratteristiche dei giocatori in una rosa che fino a poco tempo fa era in mano a un allenatore molto diverso per idee da applicare: tre dei quattro centrali a disposizione (Mancini, Ibanez e Kumbulla) sembrano al momento più adatti a una difesa a tre che a una linea a quattro, vista la loro aggressività che li porta a lasciare la zona di competenza contando sulla copertura dei compagni. Non va molto meglio per quanto riguarda i terzini, tutti più abituati a spingere che a coprire; in questo senso l’arrivo di Vina potrebbe sistemare qualcosa, ma l’uruguaiano va ovviamente testato a queste latitudini.

Il centrocampo è un po’ il cruccio da inizio mercato: mancano sia uomini di lotta - Veretout ha fatto bene, ma è prestato al ruolo - che di gestione del pallone. Il mancato arrivo di Xhaka è stato un duro colpo e un’alternativa continua a essere necessaria per non cadere nelle contraddizioni della scorsa stagione. Quando, per esempio, ci sono stati dei momenti in cui Pellegrini è stato spostato in mediana, ma con il numero 7 in quella posizione si è a volte perso equilibrio in maniera anche rovinosa, viste le sue caratteristiche che lo rendono più adatto a ricoprire posizioni più avanzate in campo.

Davanti le scelte sono di più e, con l’innesto di Shomurodov e il rientro di Zaniolo, più coerenti a quanto Mourinho vuole proporre: abbiamo visto già a Siviglia come l’uzbeko ami attaccare la profondità, caratteristica che un po’ manca a Džeko, che, non a caso, stavolta potrebbe uscire veramente. Sostituirlo è impresa improba perché aver preso un calciatore con il pedigree del bosniaco resta quasi un unicum della storia romanista e bisognerà “accontentarsi” di un profilo più futuribile ma, non per questo, di minore rendimento del 9, che nell’ultimo anno ha comunque fatto meno di quanto ci si potesse aspettare.

Non è, dunque, ancora la Roma di Mourinho; perché lo diventi servono tempo e lavoro, ciò che il portoghese ha chiesto fin dal primo giorno nella Capitale. Ma senza fretta e senza isterismi: altrove le cose non vanno necessariamente meglio, segno di un momento difficile un po’ per tutti, in cui la Roma può contare su una proprietà fresca e solida. Oggi i problemi dei giallorossi sono quasi solo di calcio: pensandoci bene non è una cosa da poco.


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