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Perchè non crederci più? Vendiamo cara la pelle anche noi

di Giulia Spiniello
Fonte: Vocegiallorossa

Quest'oggi mi sono rifiutata di accendere la radio, di ascoltare i commenti dei colleghi dell'etere e le telefonate dei tifosi. Non me ne vogliano né i primi né i secondi. Non volevo farmi condizionare, non volevo sentire isterisimi, disfattismi: ne avevo già incassati troppi nel post-partita. Dopo Roma-Samp di ieri sera sono rimasta sveglia fino alle 2 del mattino, occhi spalancati e nervi tesi a fior di pelle, a lavorare ma anche a riflettere. Non mi sono piaciute certe dichiarazioni di alcuni giocatori che dopo una cocente sconfitta - per quanto terribile, inaspettata, e tutto quello che volete - si sono presentati davanti alle telecamere e ai microfoni per parlare di sogno infranto, coniugando il dispiacere con verbi all'imperfetto se non al passato e pure remoto. E non ho gradito neanche Capitan Futuro Daniele De Rossi invocare l'aiuto dei cugini laziali domenica prossima contro l'Inter. La Lazio è una squadra che fino a ieri ha rischiato seriamente di andare in serie B: ma come si può pensare che pur non regalando la partita ai nerazzurri possa aver ragione di una squadra che si sta giocando la possibilità di disputare la finale di Champions League?

Perchè non dobbiamo più crederci se neanche la matematica ci condanna? Adesso dipende tutto dall'Inter, ma la Roma deve assolutamente tenere il passo, e costringere Mourinho e i suoi a giocare fino al 90° minuto dell'ultimo turno di campionato. Lo deve ai tifosi ma lo deve sopratutto a sè stessa. Una rimonta come quella operata dagli uomini di Ranieri sa di storico, sa di impresa e non merita di essere accantonata in una sera umida di fine aprile nei corridoi dell'Olimpico, in casa propria. Il racconto fatto dai romanisti di quanto fosse silenzioso il gruppo al rientro negli spogliatoi non mi è piaciuto: non è questo il messaggio che deve passare, per i tifosi e per  i diretti concorrenti. Mi sarei aspettata più grinta da parte dei tesserati della Roma (Rosella Sensi e Claudio Ranieri a parte, gli unici a dare la sensazione di crederci ancora).

Niente è perduto fin quando non è perduto. Prendiamo esempio dal Barcellona, una squadra che ha vinto di tutto e di più: nel turno della Liga appena concluso, tutti i giocatori catalani al termine del loro match di campionato (vinto per 3-1), hanno indossato una maglietta con la scritta "Nos vamos a dejar la piel", Venderemo cara la pelle, chiedendo l’aiuto del pubblico per la gara di mercoledì contro l'Inter nella seminfinale di ritorno di Chamapions League (l'andata finì 3-1 per i milanesi).  Se un club blasonato come il Barça, con la bacheca gremita di trofei, chiama a raccolta i suoi supporters, e mette da parte l'orgoglio al grido di "Venderemo cara la pelle", perchè non può pensare anche la Roma di credere ancora nella rimonta. E' questo che fanno le grandi squadre: giocare, oltre che sul campo, anche la partita dei nervi, mettere pressione all'avversario, stordirlo prima ancora che scenda in campo. Questo campionato ha dimostrato in più di un'occasione di essere strano, sorprendente e per nulla scontato: tutto può ancora succedere, ma se quando succederà noi non staremo lì alle calcagna della capolista, non potremo mai approfittarne. Va bene le lacrime, la commozione, ma c'è tempo per quelle. L'Inter può cadere tanto con la Lazio, quanto con il Chievo, quanto con il Siena. Intanto andiamo tutti a Parma, poi se gloria dovrà essere, gloria sarà!

 


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