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Si può fare

di Gabriele Chiocchio

Si può stare in campo con il Barcellona, e in generale contro le grandi d’Europa, senza sfigurare. Con attenzione e quella che viene a volte a sproposito chiamata umiltà, come se riconoscere di dover fare una gara di un certo tipo contro avversari di un certo tipo significasse dover lasciare la scena ad altri, come se pensare di poter fare risultato contro quegli avversari di un certo tipo significasse presunzione e arroganza. La Roma quel risultato lo ha ottenuto, chiaramente in modo diverso rispetto a quando c’è da raccogliere punti in campionato o comunque contro squadre di livello inferiore, ma mettendo la stessa determinazione e lo stesso coraggio che servono in altre situazioni; è cambiato il come, non il quanto, e questo lo ha riconosciuto anche Luis Enrique, che pur sostenendo che, in base alle occasioni create, l’esito più logico della gara fosse una vittoria del Barcellona, ha ammesso la buona partita dei giallorossi in fase difensiva, ovvero sia che la squadra di Garcia ha fatto bene quello che doveva fare. I giallorossi non sono rimasti totalmente passivi come in altre occasioni, hanno studiato un piano-partita preciso e l’hanno messo in campo con la massima applicazione possibile. Il risultato sono un punto preziosissimo e una dose di fiducia che serviva anche a prescindere dai ripetuti (e a volte stucchevoli) riferimenti alla débâcle contro il Bayern Monaco.

Si può nascere centrocampisti, trasformarsi in attaccanti esterni di equilibrio e poi in terzini destri di livello: lo ha dimostrato, ancora una volta, Alessandro Florenzi. Al di là del gol che, nella sua follia, può essere inserito nella cartella “episodi” con buona pace di tutti, il ragazzo di Vitinia ha di fatto smentito chi sosteneva che “non ci si può presentare in Champions League con Florenzi terzino destro”. La corsa, l’intelligenza e la qualità del numero 24, che dal suo lato ha avuto gente come Jordi Alba, Iniesta, Neymar e in alcuni momenti anche Suarez, non possono e non devono far rimpiangere l’assenza di un cosiddetto “terzino destro di ruolo” e una parte del merito di tutto ciò va anche a Rudi Garcia. Già con Debuchy ai tempi del Lille aveva forgiato un esterno difensivo di buon livello partendo da un grezzo centrocampista; la speranza (e l’impressione, ma lo si dica a bassa voce) è che questa volta il risultato possa essere ancora migliore.

In generale, si può fare. Si può crescere in Europa e provare a imporsi in Italia, si può indossare il vestito degli underdog di lusso oltrefrontiera e avere le spalle abbastanza larghe per sostenere la pressione derivante dallo status di (co-)favoriti all’interno dei confini italici. È solo l’inizio, tante cose devono ancora accadere. Ma tante cose sono già accadute e non si può non tenerne conto.


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