Tra alibi e realtà
“No alibi, realtà!”, dichiarava Claudio Ranieri in un famoso monologo stampa, quando l’allora allenatore della Roma si trovava in un momento di difficoltà non eccessivamente dissimile da quello odierno di Rudi Garcia, seppur in un contesto completamente differente. Il tecnico di Nemours ha ovviamente cercato di minimizzare, ma non ha potuto non far riferimento a due interi reparti di centrocampo (i tre titolari e le loro riserve) assenti per la partita contro il Chievo, il cui risultato è specchio fedele di un assetto giocoforza scriteriato, con il quale era quantomeno difficile pensare di poter gestire un vantaggio; il paradosso avrebbe consigliato di cercare di arrotondarlo ulteriormente, ma proprio un atteggiamento di questo tipo ha di fatto riaperto la partita già nel primo tempo. Una strada senza uscita dunque per il francese, che alibi non ne vuole e che si è dovuto comunque scontrare con una incontrovertibile realtà dei fatti: il confine tra le due cose poche volte è stato così ben definito e la richiesta di non appellarsi ad alibi e di “prendersi le proprie responsabilità” è ormai frutto di parole vuote, prive di ogni nesso causale, tirate fuori probabilmente perché chi guarda da fuori non sa - e non ha la responsabilità di sapere - in che modo sistemare le cose.
Di segnali che portassero a considerare consigliabile un avvicendamento in panchina ce ne sono stati e anche parecchi: il difficile adattamento al doppio impegno che dura ormai da due stagioni, con un approccio alla Champions League fortemente deficitario, la mancata creazione di una manovra non dipendente solo dai muscoli dei velocisti e la gestione negativa di diversi calciatori (Ibarbo e Doumbia messi in campo infortunati lo scorso anno, il sovrautilizzo di Gervinho, le panchine di Destro dopo gol decisivi, Leandro Castan probabilmente abile ma quasi mai arruolato e ultimo Gyömber, non considerato all’altezza per partire dall’inizio ma buttato nella mischia fuori ruolo in situazioni di grande tensione agonistica come quelle del Bentegodi o del San Paolo). Mettere nel calderone anche elementi di scarsa attinenza o scarsa concretezza diventa uno stillicidio che altro non fa se non bruciare la già poca serenità e allontanare il focus da quelli che sono i problemi reali e tangibili di una squadra che aveva e ha ancora i mezzi tecnici per lottare nel gruppo delle prime, da cui ora è staccata perché quei problemi non li ha risolti. Se questo avverrà attraverso un avvicendamento sulla panchina, al momento evitato anche dopo partite che avevano creato le condizioni per poterlo effettuare come Roma-Atalanta o Roma-Spezia, lo dirà solo il tempo; trascorrerlo perdendosi in chiacchiere inutili è il miglior modo per sprecarlo.