Un clamoroso autogol
Fonte: L'editoriale di Alessandro Carducci
Sono giorni caldi in casa Roma. Caldissimi, quasi roventi al contrario delle temperature. Nella Capitale regna talmente tanto il caos che se domani la Roma si svegliasse magicamente quarta in classifica non se ne accorgerebbe nessuno. O se domani arrivassero Petrachi e Gasperini a Fiumicino potrebbero passeggiare serenamente per tutto l’aeroporto nell’indifferenza generale.
Tutto il mondo giallorosso è stato fagocitato dalla questione De Rossi in un crescendo rossiniano ma anche kafkiano. Al crescere della tensione cresce anche l’assurdità della vicenda: audio privati che spuntano ovunque, smentite ufficiose, silenzi ufficiali, la difficoltà del CEO Fienga in conferenza stampa e lo tsunami di critiche che, in queste ore, si sta abbattendo con una violenza inaudita su quel che resta dell’immagine della società. L’immagine, da fuori, è quella di un déjà-vu del 26 maggio 2013, quando la Lazio vinse la Coppa Italia. L’aria che si respira è molto simile e, neanche a farlo a posta, il 26 maggio sarà anche la data dell’ultima gara di Daniele De Rossi.
Al di là delle considerazioni fisiche (tecnicamente il giocatore è ancora valido), la gestione della vicenda è stata tremendamente deficitaria e ora la società si è esposta a qualsiasi tipo di contropiede, a qualsiasi obiezione e polemica, tra l’altro al termine di una stagione fallimentare, qualora non dovesse arrivare un insperato quarto posto.
Chiunque sarà incaricato di ricostruire la squadra avrà un piccolo bonus legato al fatto di essere estraneo a tutto questo caos ma dovrà muoversi in una palude di tensione ed esasperazione. E la sensazione è che la vicenda De Rossi lascerà una lunga scia di veleno e dovrà essere bravissima la società a fare in modo che questo veleno non inquini totalmente l’ambiente, più di quanto già abbia fatto.