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Un mercato di testa

di Gabriele Chiocchio
Fonte: L'editoriale di Gabriele Chiocchio

Mancano due giornate (o, almeno, un punto) alla fine della stagione della Roma e già non si riesce a contenere l’urto di quel mostro chiamato calciomercato, con notizie e indiscrezioni di ogni genere e qualità già sulla bocca di tutti e una serie di nomi già lunga e che andrà, come sempre, anche oltre i limiti della fantasia fino al gong del 19 agosto. Tolto il fatto che la Roma il suo punto per entrare in Champions League lo deve ancora conquistare, e che nella città che, forse, più a sproposito si mette in bocca il concetto di “mentalità vincente” lamentandosi di sconfitte inopinate di fine stagione salvo poi essere pronta a snobbare l’ultima gara di campionato contro il Sassuolo (se non anche il big match di domenica con la Juventus, qualora arrivassero nel pomeriggio buone notizie da Crotone), il primo bisogno dei giallorossi, come di consueto, sarà quello di vendere. Certamente meno di un anno fa, quando, neanche preso possesso della scrivania di Trigoria, a Monchi fu richiesto di realizzare oltre 100 milioni di plusvalenze, con il DS capace in quel breve lasso di tempo di produrne “solo” per 90 circa, lasciando il bilancio in perdita di 42; quest’anno un po’ di lavoro è già stato fatto con la cessione a gennaio di Emerson Palmieri (18 milioni di plusvalenza) e un po’ verrà ridotto dai risultati ottenuti in Champions League, che hanno portato, volendo star stretti, circa 25 milioni in più di quanto realisticamente preventivabile dopo il superamento della fase a gironi. Qualcosa entro il 30 giugno andrà comunque fatta, ma è sostanzialmente una verità il fatto che questa volta ci sarà più margine di manovra rispetto a un anno fa: un margine di manovra da sfruttare per costruire una rosa che possa sopperire alle mancanze appalesatesi nel corso dell’annata. Mancanze tecniche, come quella della qualità a centrocampo, o di un’alternativa per i centrali e per Džeko, ma anche mentali: la squadra che ha eliminato il Barcellona è la stessa che a Kharkiv è andata nel pallone dopo un paio di sgroppate del terzino sinistro avversario e che a Liverpool ha mollato poco oltre il primo quarto del doppio confronto, salvo poi tentare di rimediare un’altra volta, non riuscendoci. Tradotto: un singolo exploit - in un torneo a eliminazione diretta - non può cambiare le valutazioni fatte lungo tutto il corso dell’anno. Questo Monchi lo sa perfettamente ed è pronto a usare la testa più del cuore per dare ciò che manca alla Roma, anche a costo di fare scelte impopolari: già il fatto che siano più scelte che obblighi sarà comunque una base di partenza migliore per centrare l’obiettivo.


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