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Un mercato strano e uno strano arrivederci

di Alessandro Carducci
Fonte: L'editoriale di Alessandro Carducci

Curioso il mercato della Roma. Solitamente, si dice che a gennaio è preferibile prendere giocatori che già conoscono il campionato italiano. Giocatori di sicuro rendimento. D’altronde, il passaggio tra il sognatore Monchi e il concreto Petrachi sembrava portare a una maggiore solidità sul mercato, con giocatori di esperienza, poche scommesse e pochi azzardi. In questo modo è stato fatto il mercato estivo, con alcuni giovani già abituati a giocare in Italia (Mancini, Spinazzola, Diawara), e calciatori più esperti (Veretout) e rodati anche al livello internazionale (Smalling, Mkhitaryan, Zappacosta). La scommessa è stata Çetin, l’azzardo Pau Lopez.
Finora sono invece arrivati Ibanez, che aveva giocato meno di mezz’ora con l’Atalanta, Villar e Perez, questi ultimi con esperienza nel campionato spagnolo. Un cambio di passo notevole, che desta curiosità.

GESTI CONCRETI - Così come desta curiosità il modo con cui l’ambiente Roma stia assorbendo l’addio (o l’arrivederci) di Florenzi. Trattato perlopiù con indifferenza, per qualche motivo particolare il calciatore di Vitinia non ha scaldato i cuori dei tifosi giallorossi. Il rapporto si è incrinato in occasione del rinnovo del contratto ma Florenzi, pur senza farsi pubblicità, ha dimostrato più volte di essere un capitano e di essere affezionato ai colori giallorossi: come per esempio quando offrì a Dzeko la fascia da capitano, pur di indurlo a rimanere a Roma questa estate. O quando disse al suo agente che Zappacosta sarebbe stato il benvenuto, con il procuratore che lo aveva chiamato perché non è cosa usuale portare un proprio assistito (Zappacosta) in un club dove nello stesso ruolo c’è un altro assistito (Florenzi). Messo improvvisamente in panchina, Florenzi non ha mai pronunciato una parola fuori posto, una virgola, affermando anzi che proprio il capitano aveva il dovere di dare il buon esempio in una situazione del genere. Tutti comportamenti che valgono più delle chiacchiere, così come vale per Kolarov: il rapporto tra l’ex City e la tifoseria si era incrinato dopo un battibecco con alcuni tifosi, facendo passare in secondo piano l’aver giocato pochi mesi prima con un dito rotto. Tutti gesti piccoli/grandi gesti presi singolarmente, giganteschi se portati avanti da giocatori simbolo dello spogliatoio. Simboli di attaccamento alla maglia, al di là delle parole e delle chiacchiere.


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