Una Roma semplice?
Fonte: L'editoriale di Gabriele Chiocchio
La tradizione della Roma ha visto tanti allenatori che oggi si definirebbero giochisti: ultimo è stato Paulo Fonseca, ma prima di lui sono passati da queste parti anche Luciano Spalletti, Eusebio Di Francesco e Luis Enrique, senza contare che uno dei tre tricolori è arrivato con Nils Liedholm, la sua ragnatela e il suo calcio bello alla vista oltre che efficace. Certo, si sono visti anche tecnici più pratici, Fabio Capello su tutti, ma sono state più le scelte di altro tipo rispetto a quelle basate su concretezza e solidità: con José Mourinho la Roma potrebbe aver invertito il trend, per la gioia degli amanti del calcio semplice (che semplice non è, ma è più comodo e attrattivo raccontare il contrario) che già sognano di vincere partite con percentuali minime di possesso palla e pochi tiri in porta. Partendo dal presupposto che è logicamente difficile allenarsi per giocare male, un certo tipo di calcio, oltre che un allenatore importante, prevede degli interpreti che sono specifici esattamente come quelli del calcio più qualitativo che si è tentato di offrire altre volte: servono fisicità, resistenza e forza mentale, caratteristiche non proprie, ovviamente, di ogni calciatore esistente. La Roma ne ha? E se sì, in che quantità? E, quindi, quante ne dovrà trovare sul mercato? Ognuno può darsi una risposta, quelle che contano sono quelle di Mourinho e di Tiago Pinto, che ha una traccia su cui lavorare per avviare una metamorfosi che da queste parti si è vista raramente e che rappresenta senz’altro un motivo per essere curiosi in vista dell’inizio della stagione, previsto tra poco meno di un mese. Anzi, un altro motivo, perché di ragioni per guardare alla data del prossimo ritiro ce ne sono diverse.