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Una Roma livello Conference: si può essere di più

di Gabriele Chiocchio
Fonte: L'editoriale di Gabriele Chiocchio

Se c’è una cosa che rappresenta più di altre il livello della Conference League sono le partite che la Roma ha dovuto giocare fuori casa fino a questo momento. Si è partiti da Zaporizhzhia, tornata purtroppo in auge per avvenimenti ben diversi da una partita di calcio, si è passati per Bodø, dove non era un mistero che i giocatori della Roma non avessero piacere a giocare, si è concluso il girone a Sofia, finora la più “prestigiosa” delle mete (il che è tutto dire), e quest’oggi si è giocato ad Arnhem, su un campo ben lontano dal limite dell’accettabile.

Ora, girare località di questo tipo può essere gratificante per gli avventurosi tifosi da trasferta, che anche con curiosità vanno alla scoperta di posti nuovi e sconosciuti, lo è meno per una squadra che poco meno di un anno fa si giocava una semifinale di Europa League e che ha giocato tante volte anche la Champions League. Ma proprio perché la Roma ha un pedigree e un blasone diverso - leggasi, superiore - rispetto alla competizione che sta disputando, dovrebbe farlo pesare sul terreno di gioco; invece, i giallorossi si sono adeguati al livello di competizione, campo e anche avversario, non certo temibile come, peraltro, non è stato descritto nemmeno per un secondo in sede di presentazione della partita.

Le condizioni del prato del Gelredrome erano sotto agli occhi di tutti ed è impossibile non tenerne conto nella valutazione di una gara da cui la Roma, ed è bene sottolinearlo, riporta indietro un utile vantaggio in vista del ritorno, così come i cambi tra intervallo e ora di gioco hanno fatto emergere nuovamente la non totale adeguatezza di alcuni elementi. Ma è pur vero che, come in tante altre occasioni in cui invece il risultato non è stato positivo, la squadra di Mourinho non ha prodotto neanche quel minimo sindacale che ci si può comunque aspettare dai giocatori a sua disposizione, rischiando anzi a più riprese e segnando in un modo che, se non casuale, si può definire perlomeno anticlimatico rispetto al racconto della gara fino a quel momento (e anche dopo).

Buona parte del lavoro, se non altro, è stata comunque portato a casa e non è ipotesi fantascientifica pensare che all’Olimpico i giallorossi abbiano buonissime chance di chiudere la pratica e di avanzare ai quarti di finale di Conference League (pur con le evitabili squalifiche di Oliveira e Mancini), dove da 16 le squadre diventeranno 8 e il livello, giocoforza, si alzerà. E a quel punto l’adeguarsi al contesto non sarà più un voler scendere di un gradino, ma diventerà un doversi elevare a uno step superiore. A maggior ragione dopo quanto visto oggi, la Conference League è un obiettivo che richiederà un numero di partite “di livello” anche inferiore rispetto a quanto ci si potesse aspettare: ora è la Roma che deve far sì che gli altri debbano adeguarsi a lei.


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