Eriksson: "All'intervallo di Roma-Lecce ero furibondo, Boniek cercava di calmarmi. Ci siamo persi sul più bello"
Sven-Goran Eriksson, ex allenatore di Roma e Lazio, è stato intervistato da Centro Suono Sport. Ecco le sue dichiarazioni:
Un suo ricordo personale del presidente Viola?
«Solo bei ricordi, lui era la Roma: creò una grande squadra, con grandi giocatori. Quando arrivai non era facile, perché la Roma aveva vinto uno scudetto e aveva disputato una finale di Coppa dei Campioni. Trovai tanti giocatori importanti, alcuni però in là con gli anni, ero più rigido negli allenamenti rispetto a Liedholm, qualche problema questa mia gestione la creò nel primo anno. Una volta il presidente ci promise come bonus scudetto in regalo una Ferrari. Era un personaggio straordinario».
Il suo rapporto con Falcao?
«Con lui ho sempre avuto buoni rapporti, il problema è che Paulo era infortunato, giocò 5-6 partite nel primo anno e questo fu un grande problema per me e per la squadra, con lui la Roma era una cosa, senza era un’altra. Una volta Falcao mi disse: “mister compriamo Mancini“, ma non fu possibile».
La sua Roma è stata forse la squadra più bella esteticamente: la quadratura ci fu nella sua seconda stagione?
«Sì in quella seconda stagione, giocammo un gran bel calcio, forse iniziammo un po’ tardi. Ricordo che Pruzzo all’inizio segnava poco, poi tornò il bomber di sempre. Come espressione di calcio meritavamo di vincere lo scudetto. Purtroppo non siamo riusciti a vincere il titolo».
A Pisa ci fu l’apoteosi, migliaia di tifosi presenti, quel giorno raggiungeste la Juventus in classifica, cosa disse ai ragazzi?
«Tentai di tenere i piedi per terra ai ragazzi, di mantenere alta la concentrazione, lo scudetto era vicino».
Roma-Lecce cosa accadde?
«Abbiamo iniziato molto bene, dopo abbiamo smesso di giocare, nell’intervallo ero furibondo, ricordo che Boniek cercava di calmarmi, ci siamo persi sul più bello, è stato un vero peccato. Mi rattrista ancora pensare a quell’evento, però posso dire che non ho mai creduto alle voci di combine che qualcuno faceva girare».
La sua Roma del terzo anno?
«Era una squadra forte, ma con qualcuno il rapporto si ruppe. Abbiamo avuto contrasti duri con qualche calciatore, verso Pasqua dissi che se lo cose fossero proseguite così me ne sarei andato, nonostante Viola non mi volesse cambiare. Mi chiamò la Juventus l’anno prima, ma rifiutai perché volevo vincere con la Roma: mi ero innamorato della squadra, della città, della tifoseria».